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Il Buco – Capitolo 2

2024
Titolo Originale:
El hoyo 2
REGIA:
Galder Gaztelu-Urrutia
CAST:
Milena Smit (Perempuan)
Hovik Keuchkerian (Zamiatin)
Bastien Ughetto (Robespierre)

Il nostro giudizio

Il Buco – Capitolo 2 è un film del 2024, diretto da Galder Gaztelu-Urrutia.

Come amava ripetere il compagno Mao, le rivoluzioni non sono mai dei pranzi di gala. Le rivoluzioni, quelle vere, somigliano piuttosto a guerre tra affamati, dove a prevalere non sono l’eguaglianza e la solidarietà, quanto piuttosto la vorace hobbesiana ideologia dell’homo homini lupus. È ovvio, no? Ma se dopo ogni grande rivoluzione, asciugato il sangue dalle ghigliottine e smaltiti i cadaveri per le strade, l’ordine è pronto finalmente a sostituirsi al caos, laddove c’è ordine, ça va sans dire, è necessario che vi siano regole; le quali, se inique o troppo stringenti, generano a loro volta una nuova inevitabile resistenza. Ed è qui che, com’è ovvio che sia, subentra il vero Terrore: con teste che cadono, lacrime che scorrono e coltelli che tagliano al solo scopo di ristabilire un nuovo opprimente status quo. Così, dopo l’allegorica ascesa e discesa tra gli infernali gironi di un distopico consumismo di classe narrataci da Galder Gaztelu-Urrutia in pieno isolamento pandemico, pare proprio che la Revolution sia giunta finalmente anche fra i 333 livelli che danno brutalistica forma alla dantesca Fossa de Il Buco – Capitolo 2. Una rivoluzione innescata dal cristologico sacrificio di quel tal Goreng (Iván Massagué) che, come l’idealista Don Chisciotte protagonista di quell’unico libercolo gelosamente custodito durante la prigionia in questo ballardiano Condominium — per non dire nataliano The Cube —, a forza di lottare contro il mulino della disuguaglianza riuscì a portare ai piani altri il fondamentale e liberatorio Messaggio.

Ma ora, in un assetto finalmente pacificato attorno alla tanto profetizzata Rivoluzione Solidale nella quale ciascuno ha la possibilità di accedere al proprio culinario guilty pleasure senza inutili sprechi e, per giunta, con la preziosa protezione di chi lo precede, il Terrore, e non più la semplice panna cotta, pare essere divenuto il nuovo messaggio. Un messaggio bagnato dal sangue di quell’implacabile Legge del Taglione che i Lealisti — fedeli osservanti del Sacro Verbo del fu Messia rappresentati, non certo casualmente, dall’integralista Robespierre (Bastien Ughetto) — tramite la violenza purificatrice degli implacabili Unti capitananti dal sadico Bagin Babu (Oscar Janeada) si propongono d’impartire ai rivoltosi Barbari. Ed è proprio da questa marmaglia di non allineati contestatori che emergerà la giovane Perempuan (Milena Smit, la più giovane delle Madres paralelas di Almodóvar), il cui traumatico e non certo casuale passato da scultrice di taglienti artefatti dalle ferine sembianze le darà la forza, assieme all’ex matematico ed aspirante piromane Zamiatin (Hovik Keuchkerian, il Bogotà de La casa di carta), di campeggiare un’agguerrita disobbedienza civile che, in perfetto contr’altare rispetto all’abbruttita scalata della catena alimentare dell’High-Rise di Ben Wheatley, la spingerà sempre più in profondità alla scoperta dei torbidi segreti che muovono gli arcani ingranaggi di questo enigmatico Altro Mondo.

Se è vero che, come più volte ribadito dalla rigida quanto ovvia legge che governa questo nuovo e tutt’altro che metaforico gioco al massacro, più si è in alto più grossa è la responsabilità, allora, per citare nuovamente il tagliente e perentorio leitmotiv salmodiato dal viscido Trimagasi (Zorion Eguileor), è più che ovvio quanto Il Buco – Capitolo 2, dovendo partire dalle vertiginose altezze raggiunte dal proprio netflixiano predecessore, portasse sulle proprie spalle un carico di aspettative pesanti quanto l’intera verticale superficie in cemento marmato della sua criptica Fossa. Ed è forse per questo che, in nome dell’insidiosa logica del Lascia o Raddoppia, l’opera seconda di Gaztelu-Urrutia risulta decisamente più ermetica, stratificata, violenta e, soprattutto, dichiaratamente politica; ma, com’è egualmente ovvio che sia, anche meno incisiva, compatta e soprattutto genuinamente cattiva. Un’opera alquanto sfuggente nella sua evidente incostanza nel sapersi districare tra un eccessivo didascalismo iniziale, multipli capovolgimenti di fronte capaci di ribaltare come un calzino la sua stessa natura di sequel ed un epilogo ad alto coefficiente di rarefazione che, oltre ad aumentare esponenzialmente il già elevato senso di confusione, fatica non poco a mantenersi con i piedi ben piantati a terra; esattamente come quei suoi disgraziati personaggi costretti a combattere, stavolta, non più solo contro la Legge di Natura ma anche e soprattutto contro l’altrettanto ingovernabile Legge di Gravità. È dunque più che ovvio, a questo punto, attendersi la nascita di una potenziale saga; i cui esiti e la cui tenuta, tuttavia, così ovvi non paiono affatto.