Il cacciatore di donne
2013
Il cacciatore di donne è un film 2013, diretto da Scott Walker.
Robert Hansen, stimato membro della comunità di Anchorage, è un abilissimo cacciatore che batte le foreste innevate dell’Alaska col suo fucile. A Robert piace esercitare violenza sulle donne: le studia, le osserva, promette lauti guadagni e poi le sequestra, le stupra, le picchia, e le porta nei boschi dove dà loro la caccia e le abbatte come animali. Finché una ragazza riesce a fuggire: è Cindy Paulson, diciassette anni, prostituta, ed è in grado di riconoscerlo…
Vi presento Robert Hansen, umile panettiere, stimato membro della comunità di Anchorage, padre di famiglia sposato a donna pia e devota, onesto cittadino lavoratore timorato di dio. Abilissimo cacciatore, le vaste foreste innevate dell’Alaska sono perfette per allenarsi col fucile: la sua baita sul fiume Knik è piena di trofei, teste di alci, renne, pelli di orso sul pavimento. Ci si arriva solo via nave o con un piccolo aereo, come il Piper Super Cub che Bob usa per raggiungere il suo eremo e godersi al meglio la caccia, in solitudine. Ha anche un altro vizio, Bob: gli piacciono tanto le ragazzine, quelle troiette minorenni che girano di notte per i bassifondi di Anchorage, e gli piacciono tanto i pompini, che alla moglie religiosa mica può chiederli, sarebbe sconveniente.
Gli piace anche menare a sangue le ragazze, soprattutto le puttanelle, che tanto nessuno ne sentirà la mancanza. Le studia, le osserva, promette lauti guadagni e poi le sequestra, stupra, picchia, le mette sul Piper e le porta nei boschi sul Knik, dove gli dà la caccia e le abbatte come animali. Finché una ragazza riesce a fuggire: è Cindy Paulson, diciassette anni, prostituta, ed è in grado di riconoscerlo… The Frozen Ground, da noi in sala dal 10 ottobre come Il cacciatore di donne, racconta piuttosto fedelmente le vicende che hanno portato il detective Glenn Flothe, nel 1983, ad arrestare Robert Hansen, considerato tra i serial killer più prolifici della storia, reo confesso di 17 omicidi di ragazze (molti altri casi riconducibili a lui sono, però, ancora da accertare) e di un numero imprecisato di stupri, fin dal 1971. Nel film, come nella realtà dei fatti, il problema della sua cattura era il pregiudizio: la testimonianza di Cindy (Vanessa Hudgens) non si basava su prove concrete, era la parola di una tossica puttana minorenne contro quella di uno stimato e conosciuto membro della comunità. L’accusa venne subito fatta cadere. Solo il detective Halcombe (Nicholas Cage, in un ruolo ispirato alla figura di Flothe) le dà ascolto, convinto che nel suo rapimento ci sia la stessa impronta dei casi, non ancora chiusi, di tre ragazze rinvenute cadavere nella foresta negli anni precedenti. Stando al racconto di Cindy, Hansen (John Cusak) rientrerebbe nel profilo psicologico del killer, ma ottenere anche un mandato per perquisire casa sua, basandosi unicamente su testimonianze “discutibili” e sulle considerazioni di pionieristici studi psicologici, non è facile, e tutto il lavoro di Halcombe si basa sul convincere il procuratore a rilasciare il mandato. Parole, parole, parole.
Trarre un film dal caso Hansen, volendo restare fedele ai fatti, significa dunque concentrarsi su dialoghi e personaggi, perché qui, di azione spettacolare, non ce n’è. Scott Walker, al primo lungo dopo una marea di pubblicità, anche sceneggiatore, punta su questo: sfrutta l’esclusiva testimonianza della vera Cindy Paulson, mai rilasciata prima, e si concentra sulla sua figura, mostrandone la vita malmessa e perduta, tra papponi, striptease e anfetamina, donando spessore a una storia poliziesca altrimenti troppo breve e anti spettacolare. Tutto questo funziona sulla carta. Nella realtà dei fatti, Il cacciatore di donne è la fiera del già visto: la persistente macchina a mano, le cartoline aeree delle foreste innevate dell’Alaska, la fotografia controllatissima e la colonna sonora ridicolmente pomposa danno l’impressione di assistere a un elaborato film per la tv, lineare nel suo svolgimento, intrigante nella sua semplicità ed esotico negli ambienti, ma ricolmo di personaggi stereotipati, moralismi e frasi fatte, con l’aggiunta di un paio di attori di richiamo. La stessa Cindy, il punto forte del film, ne esce come la tipica teenager vista in decine di film “da oratorio”, che ha subito molestie dal padre, che è fuggita di casa per finire a battere le strade strafatta di crack ma che è in cerca di aiuto e redenzione, un piccolo agnellino innocente forzato dalla vita a lottare in mezzo ai lupi.
Una tale serie di prevedibilità e melensaggini da offuscare la prova di Vanessa Hudgens, molto convincente nel ruolo della tossica disperata, nonché degli altri, Cage e Cusak, costretti a dimenticabili personaggi monodimensionali: il primo fa quel che può nel ruolo del detective Halcombe, accozzaglia poco smussata di american way of life (l’importanza della famiglia, della vita umana, del rispetto delle leggi e il mito della seconda opportunità); Cusak assomiglia sul serio al vero Hansen, e inquieta fin da subito con un’espressione psicotica che mantiene inalterata per tutto il film (e basta). Trama semplice e intrigante tratta da una storia vera, personaggi schematici su attori celebri, il bene che vince sul male, nessuna traccia di gore e giusto qualche capezzolo nelle scene negli strip club: vedo già Il cacciatore di donne come evento di una prima serata televisiva sulla RAI, o nei Bellissimi di Rete 4. Per una serata di svacco televisivo e distratto sul divano può anche funzionare. Al cinema, in una grande sala, restano più dubbi che certezze.