Il caso Spotlight
2015
Il caso Spotlight è un film del 2016, diretto da Tom McCarthy
Fino a qualche tempo fa era molto difficile trovare film o documentari che parlassero dello scandalo della pedofilia all’interno della Chiesa. Però, nel 2009 le parole del cardinale Claudio Hummes al settimanale cattolico Vida Nueva, che affermava fosse ora di aprire gli occhi di fronte al problema, hanno cambiato molto le cose, dando il via anche nel cinema alla libertà di espressione su un tema che non poteva più essere celato dietro il velo dell’ipocrisia. Il caso Spotlight, nuovo film di Tom McCarthy, parla proprio di questo ponendosi in una via di mezzo tra lo stile documentaristico del film Mea Maxima Culpa: Silenzio nella casa di Dio, di Alex Gibney del 2013, e quello del giornalismo d’assalto di Quinto Potere di Sidney Lumet. Si racconta la storia vera dell’indagine condotta all’inizio del nuovo Millennio dal quotidiano The Boston Globe nei confronti dell’arcivescovo Bernard Francis Law che coprì col silenzio e con la reticenza un alto numero di abusi sessuali perpetrati a danno di minori. Temi caldi e molto contingenti, alla luce delle recentissime dichiarazioni del Papa sull’argomento.
La squadra dei cronisti d’assalto è guidata da Marty Baron (interpretato da Liev Schreiber) e vede tra gli altri anche Mark Ruffalo nei panni di Michael Rezendes, Michael Keaton che è Walter Robinson e Stanley Tucci in quelli di Mitchell Garabedian. Il tocco femminile è garantito da un’ottima Rachel McAdams. Un cast, insomma, che fa sprizzare scintille e a giovani talenti associa anche interpreti di grande spessore. E nonostante l’argomento sia molto scottante, il tema della pedofilia è trattato con un tatto davvero al di fuori del Rachel McAdams comune – il che non ha impedito che in America il film si sia preso il divieto ai minori di 17 anni. Il caso Spotlight si presenta alla notte degli Oscar con sei candidature: miglior film, regia, attore non protagonista, attrice non protagonista, sceneggiatura e montaggio. Probabilmente non vincerà in nessuna di queste categorie, ma il film di McCarthy, fino a questo momento regista piuttosto anonimo, apre gli occhi su un modo di fare cinema molto interessante che si pone al centro di una trialgolazione tra il film-inchiesta, il documentario e la fiction.
La volontà di denuncia di Il caso Spotlight (prodotto dalla giovane società Open Road Films che cerca di muoversi tra gli interstizi del mercato lasciati liberi dalle Major) si riconnette alla grande tradizione del cinema civile americano degli anni Settanta di cui nel marasma dei prodotti bassamente commerciali di oggi, si sente una grande mancanza. Poi, è chiaro che Tom McCarthy (attore, di base, con cinque regie in curriculum dal 2003 a oggi) non è né Alan Pakula né Sidney Lumet. Ma nel Paese dei ciechi si finisce per beatificare anche il monocolo.