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Il mistero scorre sul fiume

2023
Titolo Originale:
Only the River Flows
REGIA:
Wei Shujun
CAST:
Yilong Zhu (Ma Zhe)
Chloe Maayan (Bai Jie)
Hou Tianlai (Capo Polizia)

Il nostro giudizio

Il mistero scorre sul fiume è un film del 2023, diretto da Wei Shujun.

La storia si apre con una citazione di Albert Camus: “Non comprendiamo il destino, ed è per questo che mi sono fatto destino. Ho assunto il volto sciocco e incomprensibile degli dei”. A leggerla bene, per interposta letteratura sembra dare una definizione abbastanza convincente di noir: il caso come entità che governa gli eventi e che è sempre anagramma di caos, nel senso che all’improvviso può precipitare nel disordine. E il racconto stesso che “si fa destino”, cioè il suo dipanarsi segue una linea sovradeterminata che prescinde dagli uomini, piccoli e meschini. È un noir puro il film di Wei Shujun, Il mistero scorre sul fiume, in sala dall’11 luglio con Wanted, che nel titolo italiano solletica la memoria cinefila citando Charles Laughton ma nell’internazionale recita Only the river flows (solo il fiume scorre), suggerendo il movimento dell’acqua contro l’immobilità limacciosa di tutto il resto. Presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2023, l’intreccio è ambientato nella Cina degli anni Novanta e in particolare nel villaggio di Banpo nella zona più rurale del Paese.

Qui al principio, attraverso la classica inquadratura della lama in soggettiva dell’assassino, vediamo una donna che viene trucidata sulla riva del fiume. Le autorità devono risolvere il caso al più presto, i superiori fanno pressioni (leggi: il partito) che si intensificano quando avvengono altri due delitti, quindi la rogna viene affidata al capo della polizia criminale Ma Zhe (Zhu Yilong). Per affrontare l’indagine si rileva un vecchio cinema ormai chiuso dove si installano gli agenti, la sala proiezioni diventa l’ufficio di Ma Zhe; un espediente che però non è meramente cinefilo, bensì innesta una curva onirica nel racconto, accostando la detection a una rappresentazione cinematografica, immaginifica, perché la sala è anche il luogo in cui l’uomo si addormenta e sogna. Da una parte l’investigazione esamina una ridda di sospetti, tra testimoni oculari e figure intraviste nei pressi della famosa riva, come una donna dai capelli mossi, e soprattutto come il matto del villaggio chiamato semplicemente “il pazzo”, ovvero il colpevole ideale. Dall’altra parte un’ombra nera si affaccia su Ma Zhe: il figlio che la moglie porta in grembo potrebbe essere affetto da una malformazione genetica.

La chiave di ingresso nel film sta nello scenario della Cina anni Novanta. Questo serve evidentemente al regista per due obiettivi: il primo è girare in 16 mm, restituendo un’atmosfera sporca e lisa, quasi stropicciata; la seconda è datare la storia in una nazione pre-moderna in aperta campagna, cioè in un contesto di provincia estrema trent’anni fa, nell’era analogica e prima delle riforme che tenteranno di modernizzare il Paese. Tutto ciò non viene esplicitato ma abita i fatti, basti vedere i metodi arcaici della polizia che per stabilire l’arma del delitto prende a coltellate capi di bestiame. Nell’arco del percorso Ma Zhe si convince che il caso non sia così semplice, mette in dubbio le certezze e si concentra sulla “gente”, ossia sui cittadini di Banpo sondando il loro lato oscuro, i misteri e l’omertà. Qui si affaccia il carattere “collettivista” della società cinese, in cui l’individuo è portato a confondersi nella folla e così può occultare meglio i segreti. Ma anche questa è una traccia implicita, perché Il mistero scorre sul fiume ha il pregio di restare un noir, mantenendosi nell’alveo del genere: il caso si incarta e ripiega sulla figura dell’investigatore, sempre più sofferto e tormentato, rappresentato nel poster originale come una variazione de L’urlo di Munch. La questione è anche filosofica: tornando a Camus “il volto sciocco e incomprensibile degli dei”, o del destino o del caso, a scelta, non concede serenità definitiva nemmeno nel finale con lo sguardo in camera di un bambino.