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Il plenilunio delle vergini

1973
Titolo Originale:
Il plenilunio delle vergini
REGIA:
Paolo Solvay
CAST:
Mark Damon
Rosalba Neri
Esmeralda Barros

Il nostro giudizio

Il plenilunio delle vergini è un film del 1973, diretto da Paolo Solvay.

Ombre espressioniste. Le evoca la fotografia di Aristide Massaccesi nelle belle scene di Il Plenilunio delle vergini in cui Mark Damon lotta con se stesso, cioè con suo fratello, che è il suo doppio perfetto. Sui muri bianchi del castello di Balsorano l’obiettivo e le luci di Massaccesi ricreano e catturano il baluginare di sagome indistinte, scure e sinistre proiezioni; l’effetto è stylish, il gotico diventa fiammeggiante, spettacolo di ricca povertà. Era la filosofia perfetta del film, la cui ideazione, dalla sceneggiatura in su, si deve a Mark Damon, che diceva di avere alle spalle degli americani che producevano mentre forse si vergognava di ammettere che i soldi li cacciava lui. Nei crediti di coda, però, la sceneggiatura è attribuita a Paolo Solvay e a Ralph Zucker, lo svizzero che tutti credono fosse Massimo Pupillo. Si parte con la soggettiva di uno che insegue una figliola in camicia da notte per un bosco (e solo Roger Fratter poteva pensare di rifarla trent’anni dopo in un suo film); meglio la scena successiva, con Damon che legge antichi volumi esoterici e dice al fratello gemello ciò che ha scoperto: l’esistenza dell’Anello dei Nibelunghi, che dona il potere sull’universo, ricavato da un meteorite e appartenuto nei vari secoli ad Alessandro Magno, Cesare e Attila. Cita in latino la definizione che del vampiro dava Eliphas (Levi): “sine vita vivus, sine morte mortuus”, e nomina persino Sinesio, il sofista che scrisse l’elogio della calvizie. Chi l’ha mai infilato, Sinesio, in un film?

Poi Damon, che si chiama Karl Schiller, parte a cavallo per la Transilvania alla ricerca dell’anello; fa tappa alla locanda di Francesca Romana d’Avila (che col vero nome, Enza Sbordone, nei decamerotici si denudava, ma qui è accollatissima) e giunge quindi nel castello (di Balsorano) di proprietà di Rosalba Neri, che lo ha ereditato da Dracula. Rosalba è: vampira lei stessa; bisex, perché si corica con Schiller e lesbicheggia con la sua domestica Esmeralda Barros, che guarda in tralice il nuovo arrivato. Nel Plenilunio delle vergini Rosalba ha un nome bellissimo: contessa Dolingen de Vries, ed è in possesso dell’anello fatato, con un rubino sangue di piccione grande come una mela, per mezzo del quale attira al castello le ragazzotte del borgo per sgozzarle e intingersi nei loro umori; quindi pure un po’ Erszebeth Bathory. L’erotismo è però morbido, estetizzante, quasi trasfigurante: Massaccesi fotografa il capezzolo imperiale di Rosalba in p.p.p. con un flou capace di spegnere qualunque turbamento; e anche dove si pensava che le cose di Saffo tra le vampire potessero piegare verso chissà dove (la Neri non si faceva problemi, vedi 99 donne o Il passo dell’assassino), la copia francese del film non svela proprio niente di nuovo (solo una fine diversa). Qualche nudità, qualche frontale in più e qualche toccamento maggiorato ci sono nel cineracconto.

E l’horror? Vampiri (i dettagli di musi di pipistrelli presi a distanza ravvicinatissima che traducono le metamorfosi di Rosalbina, un certo effetto lo fanno); mostri, in senso molto lato, ovvero dei freak come Gengher Gatti e Xiros Papas: uno sui titoli di coda è detto “uomo misterioso”, l’altro “il mostro vampiro” e viene ripreso in una corsa a rallentatore assai stravagante; e il dottor Jekyll e mr. Hyde, cioé i due Damon, quello buono e quello cattivo (uno dei due lo controfigura certo Sergio Pislar), una bella idea perché l’attore ha una faccia che può apparire ora mitissima ora malvagissima. E ci sono i rituali satanici. Orrendi, ignorantissimi, stile Renato Polselli, per come sono girati e per la bruttezza delle ragazze squartate in onore della Contessa. Viene persino in mente che qualcuno coinvolto nel Plenilunio delle vergini possa aver visto La corta notte delle bambole di vetro, perché il roteare di un lampadario, ripreso dal di sotto, è proprio identico.