Infection
2011
Quando il brutto è un piacere. Infection è un horror sci-fi di serie Zeta diretto da Howard Wexler e ancora inedito in Italia.
È difficile pensare che nel 2010 si possano ancora produrre, seppur per il solo mercato home video (in Italia è ancora inedito), dirty pleasure di tale fattura. Non tanto perché in Infection ci siano scene di exploitation gore, o di sesso, quanto perché è ancora possibile soddisfare con prodotti del genere tutti coloro che godono del piacere del brutto. D’altronde il piacere del brutto ha fatto la fortuna di tante filmografie e di tanti decenni della storia del cinema, ha una sua valenza e anche una sua dignità. Certo, altrove i risultati erano di un livello diverso, più nobile se vogliamo, e non può non venire in mente in certe scene quanto l’artigianalità di un Bruno Mattei avesse una sua classe e procurasse un certo brivido nella visione. Qui invece si gioca con L’invasione degli ultracorpi di Siegel e lo si mischia al Demone sotto la pelle di Cronenberg, senza avere né la consapevolezza paranoica del primo né il sottotesto sessuale del secondo e, soprattutto, senza avere né soldi né idee e con una confezione terribilmente amatoriale.
Coraggiosamente, dati gli scarsissimi mezzi, si inizia il film in un futuro avveniristico, fatto con matte pessimi da far veramente rimpiangere i lavori tanto criticati di Sergio Martino e Lucio Fulci: per fortuna che fanno capolino solo un paio di volte. Dopodiché entriamo in un lungo flashback pieno di personaggi senza personalità, con situazioni al limite del comico involontario, e soprattutto con situazioni orrorifiche tremendamente depotenziate dagli orribili effetti speciali. I personaggi inoltre scompaiono e appaiono senza un senso e a ben vedere si può capire il motivo di tanta inettitudine già sentendo i dialoghi di cui è infarcita la sceneggiatura. La quale, per inciso e per completare l’opera, ha dei buchi di continuity incredibili. In una scena i due protagonisti vengono attaccati dagli infetti e uno viene spinto a terra: lo sceriffo salva chi rimane in piedi e tornano nella casa dove stanno gli altri, compreso chi era caduto in precedenza ed era rimasto lì, dimenticato sia dal protagonista che dallo sceneggiatore, che guarda caso sono la stessa persona, Bryan Brewer.
Avrebbe sicuramente giovato prendersi meno sul serio e cercare di puntare sul trash spinto, invece di provare a costruire una nuova Notte dei morti viventi, o tentare di riprodurre le atmosfere, e gli umori, delle pellicole tipiche degli anni ’50. Così com’è Infection può attirare solo i veri esteti del brutto.