Inside
2023
Inside è un film del 2023, diretto da Vasilis Katsoupis.
I gatti muoiono. La musica svanisce. Ma l’arte… è per sempre. Una massima di grande effetto, non c’è che dire. Peccato che se sei costretto a lottare per la sopravvivenza, immerso nel tuo stesso sudore e piscio, beh, con la decantata e beneamata arte finisce che ti ci puoi tranquillamente pulire non più che qualche orifizio. Ed è proprio questa provocatoria e allegorica china che il buon Vasilis Katsoupis ha scelto di percorrere con Inside: una curiosa e asfissiante opera seconda plasmata a modello dei più noti psycho thriller one man show che, tuttavia, a dispetto de vari Buried, Locke, Beast of Burder, Astronaut: The Last Push e claustrofobica compagnia cantante, stavolta può vantare una planimetria decisamente più vasta di quella offerta da una cassa di legno, da una capsula spaziale o da un qual si voglia altro angusto abitacolo. Ed è infatti all’interno dell’ultramoderno loft di un riccho collezionista che l’apparentemente espertissimo ladruncolo Willem Dafoe ha scelto furtivamente d’introdursi, approfittando dell’assenza dell’opulento padrone di casa per arraffare quanti più cimeli possibili e portarsi a casa un lauto e meritato bottino. Ma basta l’incauta manomissione del tecno-cervellone a guardia dell’intera abitazione affinché il nostro Arsenio Lupin di Time Square si ritrovi, da un momento all’altro, rinchiuso a tradimento in una vera e propria prigione dorata, senza alcuna possibilità di fuga né tantomeno di poter utilizzare i più elementari servizi domestici.
In balia, oltre che dell’inevitabile solitudine, anche e soprattutto di fame, sete e degli umori altalenanti di un sistema di climatizzazione completamente impazzito capace di confondere le ore, i giorni e persino le stagioni, il nostro incauto prigioniero inizierà a sperimentare un sempre maggiore distacco dalla realtà, giungendo inevitabilmente ad intavolare un rapporto nuovo e decisamente paradossale con i preziosi ammennicoli che lo attorniano silenziosi, il cui reale valore inizia progressivamente a diventare sempre più relativo. Non un Castaway on the Moon, dunque, ma piuttosto un Castaway in the Loft quello immaginato e messo in scena da Katsoupis, che con questo suo Inside sembra voler inizialmente suggerire un grottesco sbeffeggio alla cultura intellettualoide e radical chic come già a suo tempo impudentemente osato da Östlund con lo scomodissimo The Square, attraverso la bizzarra figurina di un povero ladruncolo impegnato a spillare preziose molecole di H2O dall’impianto d’irrigazione di uno stiloso giardinetto Zen e a tentare di refrigerarsi un poco in una scenografica fontanella d’interni da fantastiliardi di dollari. Tuttavia, col passare dei minuti, ci si rende progressivamente conto con stupore (e un certo inconscio fastidio) di come il film stia diventando sempre più ermetico e rarefatto, tingendosi di un’oscura e viscerale inquietudine visionaria che, in procinto di avvicinarsi all’escatologico finale, finisce per assumere criptici ed esoterici connotati metaforici che solo l’Aronofsky più cabalistico potrebbe arrivare a toccare.
E come già ben descritto a suo tempo dal caro Ballard nelle impietose pagine del suo Condominium – portante altrettanto spietatamente in scena dal rabbioso High Rise di Ben Wheatley –, la bestiale involuzione del civilizzato essere umano al selvaggio e brutale stato di natura finisce per essere innescata non tanto dal confronto con l’asettica e impersonale tecnologia che permette di sbirciare voyeuristicamente il mondo esterno attraverso videocamere a circuito chiuso o a un superaccessoriato frigorifero lasciato aperto di sparare la Macarena a tutto volume, quanto piuttosto da un sacrilego riutilizzo dei preziosi cimeli artistici in nome di un elementare istinto di sopravvivenza che avrebbe sicuramente fatto la gioia di Duchamp e dell’intera cricca dei dadaisti. Se infatti è vero che non ci può essere creazione senza distruzione, che non può esistere ordine senza caos, allora Inside appare come un film decisamente caotico e distruttivo, volutamente astratto e, manco a dirlo, non certo appetibile a tutti i palati. Insomma, un po’ come la celeberrima manzoniana Merda d’artista, che dietro al facile e immediato sberleffo nasconde cose che noi umani, probabilmente, non potremmo mai realmente immaginare.