Into the Dark 2 – Pilgrim
2019
Pilgrim è il secondo episodio della serie antologica Into the Dark 2, diretto da Marcus Dunstan.
La Festa del Ringraziamento potrà non sembrare pane per i nostri denti europei, anche se in realtà i padri pellegrini altro non erano che nostri antenati salpati verso il nuovo continente. Colonizzatori, questo il termine più giusto, vera espressione di un passato che rappresenta la nostra identità. Into the Dark 2 riapproccia dunque la ricorrenza più a stelle e strisce insieme al 4 luglio, dopo il brutto Flesh & Blood della precedente stagione. Stavolta il risultato è completamente diverso, a tratti miracoloso: Pilgrim intrattiene, usa bene il materiale di partenza e soprattutto fornisce un’interessante chiave di lettura. Dietro la macchina da presa c’è Marcus Dunstan, sceneggiatore della serie cinematografica di Saw dal quarto al settimo capitolo e soggettista insieme a Del Toro del recentissimo Scary Stories to Tell in the Dark. Un professionista che, con questo episodio, dimostra anche di avere una mano particolare e che varrebbe la pena di rivedere alla prova in altri contesti.
Siamo nella solita ambientazione pre-festiva: Cody, ragazza abbandonata da piccola dalla madre, vive con la famiglia che suo padre si è rifatto e che comprende la matrigna Anna e il fratello minore Tate. Il rapporto a dir poco burrascoso con Anna le fa esprimere un desiderio: vuole che il Ringraziamento organizzato da quest’ultima si riveli terribile. Il giorno dopo, durante i festeggiamenti, si presentano a casa Ethan e Patience, due che all’apparenza sembrano degli attori ingaggiati per rievocare l’antica tradizione del Thanksgiving Day in abiti storici. La presenza di questi due personaggi si farà sempre più ambigua ed inquietante e Cody dovrà capire come uscire da questo incubo senza ritorno. Se si vuole cercare un difetto nella sinossi, esso probabilmente risiede in questa premessa scatenante i fatti. Nonostante ciò, quest’ultima viene messa in secondo piano dall’atmosfera di crescente tensione di cui è permeato l’episodio. Rimangono certamente alcuni dubbi sulla vera origine di questi ospiti inattesi, tuttavia il fatto di non sapere fino in fondo conferisce ancor più fascino al tutto. Incredibili sono sicuramente le interpretazioni di Peter Giles e, soprattutto, di Elyse Levesque, inquietante figura androgina dallo sguardo glaciale: quando i cattivi catturano l’attenzione la strada è in discesa.
Ma Pilgrim si distingue anche per essere un home invasion davvero ben costruito: la regia di Dunstan è dinamica, ricca di veloci movimenti di macchina e zoomate in avanti-retro ma soprattutto efficaci. Vi è dunque un anima pulp, votata al parossismo visivo e narrativo. Ma c’è anche la volontà di costruire un messaggio, un’analisi dell’opulenza tipicamente americana mettendola in contrasto con l’opposto ascetismo dei padri pellegrini. Il significato del “rendere grazie” viene focalizzato stupendamente, mettendo alla berlina entrambi gli estremismi, sia la società ammodernata e obnubilata dal benessere che quella retrograda e fintamente spirituale, incapace di comprendere le vere problematiche intime dell’essere umano. Un banchetto di edonisti e di antisociali che alla fine condivideranno, complici, il vacuo gusto del consumo: una portata di carne che altro non simboleggia che lo schiavismo e il colonialismo nella loro più semplice accezione di dominio sull’altro, nel nome di un principio, religioso o sociale, che alla fine è solamente una devianza culturale.