Into the Dark – I’m Just Fucking with You
2019
I’m Just Fucking with You è il settimo episodio della serie Into the Dark, diretto da Adam Mason.
Lo aspettavamo ed è arrivato, con il numero fortunato per antonomasia. La serie antologica targata BlumHouse ha piazzato il colpo con l’episodio a tema “pesce d’Aprile”. Diretto dal regista e sceneggiatore indipendente Adam Mason, I’m Just Fucking with You rappresenta forse l’apice di questa prima altalenante stagione. Un episodio semplice e compatto, con una regia molto ispirata ed un cast davvero sorprendente: tra tutti, un Hayes MacArthur strabiliante, tanto da sperare in un suo maggiore utilizzo e, sogniamo pure, in un ritorno del suo Chester Conklin in altra sede. Come ciliegina sulla torta, uno sfruttamento del tema intelligente e perfettamente aderente alla realtà odierna: compito che, non scordiamocelo, anche il genere thriller/horror non deve mai scordarsi di compiere. Ecco dunque che la ricorrenza dove siamo tutti autorizzati a fare anche gli scherzi più crudeli o a far credere cose false alle persone diventa occasione per riflettere su come la tecnologia e i social ci hanno permesso di far degenerare il tutto in pura cattiveria.
Lo sa benissimo Larry, uomo asociale e remissivo agli occhi di tutti e spietato troll sui social network con lo pseudonimo “ProgrammingFlaw”, in viaggio per partecipare al matrimonio di una sua ex fidanzata. La sua meta intermedia è però il Pink & Lounge Motel, dove intende trovare ristoro in vista dell’umiliante giorno che lo attende. A complicare tutto però c’è Chester, lo sguaiato dipendente del motel, sempre pronto allo scherzo e senza alcun tipo di riguardo. Col passare delle ore la domanda inizia a essere: chi è Chester e cosa vuole da Larry? Ovviamente non è la vera natura del personaggio il dubbio che attanaglierà lo spettatore, quanto vedere come evolverà il rapporto tra il protagonista e la sua controparte. E, certamente, quando la bomba scoppierà. Non c’è pericolo di rimanere delusi, come avrete capito: la comicità – diversamente da altri episodi di Into the Dark – che contraddistingue la prima parte, verrà poi contaminata da una dose letale di black humour a cui non sarà possibile rimanere indifferenti. Allo stesso modo il sangue inizierà a comparire, con un paio di omicidi davvero d’impatto e quasi argentiani nella dinamica. L’ultima parte sarà poi il coronamento di un soggetto messo in scena alla perfezione, tra una sequenza allucinatoria ed un finale (post-credits compresi) cattivissimo, giusta chiusura di una storia che non vuole usare toni neutri e assolvere nessuno.
“Io restai lì a chiedermi se l’imbecille ero io, che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui che la pigliava come una condanna ai lavori forzati; o se lo eravamo tutti e due”. Citazione monicelliana che ben si applica al confronto Larry-Chester, diversi ma terribilmente simili nella loro concezione dello scherzo. Entrambi però intimamente consci della vera natura delle loro azioni. Mentre Chester è una bomba ad orologeria ben costruita e funzionante, Larry invece è una mina seppellita sotto terra da tanto tempo, bisognosa della giusta scintilla per detonare. Il settimo episodio di Into the Dark inquadra senza sconti l’oscurità presente in entrambi, così come il sofferto vissuto che ha portato Larry a nascondersi dietro un alter ego per poter avere la sua rivalsa sociale: storia di un troll, storia di tutti i troll. Mostri nascosti sotto una nube di rancore il cui unico obiettivo, volontario o meno, è quello di rendere tutti simili a loro. I social network: un ponte tra le persone, la scorciatoia per diffondere odio e invidia. Paradossi certo, purtroppo reali.