Featured Image

Into the Dark – Treehouse

2019
Titolo Originale:
Into the Dark - Treehouse
REGIA:
James Roday
CAST:
Jimmi Simpson (Peter Rake)
Julianna Guill (Kara Wheeler)
Nancy Linehan Charles (Agnes)

Il nostro giudizio

Treehouse è il sesto episodio della serie televisiva Into the Dark, diretto da James Roday.

Arrivati al giro di boa di questa prima altalenante stagione di Into the Dark, la curiosità era tutta sul capire quale festività sarebbe stata scelta per l’episodio del mese di marzo. La risposta è stata la più semplice: la ricorrenza che celebra la donna. E questo non è certo un periodo banale per le riflessioni sul mondo femminile e sulla femmina nel mondo dei maschi, tra il #MeToo e gli scandali che hanno colpito e tengono ancora sulla graticola l’intero show business. Il rape & revenge, d’altro canto, sta attraversando una vera e propria rinascita, sia a livello di film che di serie tv; Lorena Bobbitt è stata riesumata con un documentario, così come il mostro Ted Bundy. Una generazione di spettatori che non ha avuto modo di sapere, di vedere, ora deve conoscere cosa gli uomini possono fare alle donne, cosa le donne possono essere, se unite contro il nemico. Questa sorellanza, questa rinata consapevolezza di un passato che non è mai passato, è il tema centrale di Treehouse, uno dei migliori, sinora, episodi di Into the Dark.

Peter Rake (Jimmi Simpson) è uno chef di grande successo, con un suo programma televisivo. Per problemi non ben specificati inizialmente, decide di ritirarsi per un weekend nella casa dove è cresciuto. Accolto non molto caldamente dalla domestica Agnes (Nancy Linehan Charles), Peter fa la conoscenza di un gruppo di ragazze che si trova in città per festeggiare un addio al nubilato. Le invita quindi a cena a casa sua, ignaro che le sue ospiti non siano chi dicono di essere e che i fantasmi del suo passato stiano per riemergere. Treehouse si presenta immediatamente come un thriller estremamente cerebrale, con scene allucinatorie che sconfinano nel sovrannaturale. Molti sono infatti i riferimenti estetici e le citazioni dei titoli più classici di questo decennio horror ormai al capolinea: da Le streghe di Salem di Zombie a The Witch di Eggers. Non due titoli presi a caso, visto che proprio di fattucchiere si parla, stavolta per tornare alle radici del problema, alle persecuzioni ante litteram. La stregoneria come stile di vita (o come inquietante messa in scena?) viene qui restituita come partecipazione collettiva ad atti rituali che poi sconfinano in una catarsi purificatrice, solo che ad essere mondati non siamo né noi spettatori né tanto meno lo sono le cinque “sorelle”.

Non vi sono certo, nell’inesperta regia di James Roday (lo Shawn Spencer di Psych), delle velleità che vadano oltre il normale directing televisivo, anche se va ammesso che alcune sequenze sono visivamente impressionanti. L’arma vincente è l’approccio al tema: una sceneggiatura che avrebbe potuto benissimo sconfinare nel rivisto ma che invece ha il merito di non deviare mai dalla storia che vuole raccontare, riuscendo anche a stupire. E a volte bisogna andare aldilà delle diverse componenti tecniche e artistiche per poter comprendere il vero valore di un prodotto audiovisivo e del messaggio di cui si fa carico. Sì, perché Treehouse e le sue streghe arrivano ad un altro livello del problema, senza compromettersi: l’uomo, inteso come maschio, non deve essere reso inerme, piuttosto deve essere messo nelle condizioni di capire. Non serve la dominazione, ma la consapevolezza, anche traumatica e costrittiva, della gravità di certe azioni. Una consapevolezza che inevitabilmente perseguita chi l’acquisisce, con la certezza di essere sempre  sotto osservazione. Ebbene sì, le streghe sono tornate e ci tengono sempre d’occhio.