Intruders
2014
Intruders è una serie tv del 2014, inedita in Italia, ideata da Glen Morgan.
Parli di mistery e televisione e subito aumenta la salivazione, anche perché le serie più fortunate, le storie che hanno avuto il culto più fanatico hanno quasi sempre avuto a che fare con il mistero. Non è un caso che l’annunciato revival di X-Files e il seguito di Twin Peaks siano gli eventi televisivi più attesi del prossimo futuro, a dimostrazione di un amore incondizionato e imperituro per il genere. Molte giovani generazioni di cultori, inoltre, hanno iniziato a seguire in maniera compulsiva i nuovi corsi della più recente età aurea della serialità americana a partire da Lost. A seguire gli esempi migliori ci prova la BBC americana, che dopo il successo di Orphan Black ritenta la fortuna con Intruders. Basato sull’omonimo romanzo del 2007 scritto dall’autore britannico Michael Marshall Smith, Intruders ha come fulcro narrativo la vicenda di Jack Whalen (John Simm, conosciutissimo per quel gioiellino di Life on Mars), ex detective della polizia di Los Angeles. La scomparsa improvvisa della moglie Amy (Mira Sorvino) lo trascina inizialmente in un turbine di dubbi sulla tenuta della loro relazione, fin quando un suo amico d’infanzia che lavora per uno studio legale, Gary Fisher, non gli si presenta alla porta con una teoria cospirativa niente male, con una serie di omicidi tra loro apparentemente non collegati, una setta di immortali chiamata Qui Reverti, dei libri criptici con un esergo suggestivo, “All’inizio c’era solo la morte”, delle persone che soffrono di sdoppiamenti di personalità.
All’interno della cospirazione è coinvolta anche Amy e un gruppo di persone, il club dei Nove, che giocano con l’anima e l’immortalità. Jack brancola nel buio e lo spettatore con lui, perché Intruders gioca molto con la sovrapposizione di misteri su misteri, svelando tracce di spiegazione sempre insufficienti solo per aumentare la frustrazione del pubblico che non capisce una mazza e vuole incasellare le vicende in un pattern logico. Il gioco funziona, almeno fino a un certo punto, quando il grosso del mistero viene svelato, intorno alla quinta puntata. Abbiamo parlato di serie come Twin Peaks e Lost per quanto riguarda l’etichetta, il genere, ma è pertinente citare anche il caso di True Detective come modello artistico e produttivo. Così come la serie creata da Pizzolatto, anche Intruders è una mini-serie (la prima e unica stagione si snoda su otto puntate) in cui si mantiene nella sostanza un’identità di scrittura e di regia per tutta la stagione, elemento produttivo insolito nell’industria televisiva ma che permette di controllare maggiormente la qualità artistica, grazie anche al numero ridotto di episodi.
Lo showrunner Glen Morgan ha già lavorato in passato in X-Files e Fringe e qui firma tutte le sceneggiature, per lo più in solitaria, a volte con il fratello Darin, anche lui un parto della creatura di Chris Carter. Morgan parcellizza le informazioni, si prende i suoi tempi e dilata le rivelazioni, non cade nella facile scappatoia dei colpi di scena programmati ma lascia intuire la trama tramite piccoli indizi, dialoghi lanciati qui e lì. Difficile per lo spettatore medio seguire un inizio così ostico, ma le puntate in cui il piano e il ruolo dei singoli personaggi diventano più chiari perdono sicuramente di efficacia. Anche la regia tenta di mantenere una coerenza estetica nell’arco della stagione, seppure i nomi coinvolti siano due, entrambi curiosamente provenienti dal mondo dell’horror found footage: Eduardo Sanchez, maestro del POV moderno – e non solo perché è uno dei due autori di The Blair Witch Project, recuperate Exists e vedrete – dirige il primo, e migliore, troncone di episodi, mentre la restante metà, più convenzionale sia nello stile che nella narrazione, è diretta da Daniel Stamm, regista di L’ultimo esorcismo.