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Invisible Boys

2025
CAST:
Joseph Zada (Charlie Roth)
Joe Klocek (Matt Jones)
Aydan Calafiore (Zeke Calogero)

Il nostro giudizio

Invisible Boys è una serie tv del 2025 creata da Nicholas Verso

Seppur diversa per ambientazione e periodo storico in cui si svolge, Invisible Boys (tratta dal romanzo omonimo di Holden Sheppard), serie australiana in 10 puntate (su Stan) ricorda la pionieristica Queer as Folk (la versione inglese) di Russell T.Davies. Distanti cronologicamente oltre un ventennio, le due serie sono accomunate dall’inside look alla comunità LGBTQI+ in modo onesto e relativamente a situazioni di “gente normale”, con un approccio schietto in particolar modo verso la “coming of age”, l’adolescenza. La scrittura è diretta e ironica al punto giusto, graficamente non si pone limiti nè nelle espressioni nè nelle scene di nudo e sesso (Queer as Folk lo faceva già all’epoca e ovviamente l’effetto era molto più dirompente) ma è soprattutto interessante notare come nonostante il passare del tempo, l’approccio e i dubbi, le incertezze e gli ostacoli restino, contestualizzati, gli stessi.

La società scolastica, la formazione religiosa e il background familiare continuano (e continueranno) sempre a farla da padrone. I protagonisti sono tre giovani diversissimi tra loro : Hammer (Zack Blampied), Zeke (Aydan Calafiore, noto in Australia come cantante) e Charlie (Joseph Zada). Hammer è ossessionato dalla madre ad avere un riscatto sociale e personale come campione sportivo e uomo di colore. Ma lui non ha neanche chiaro il suo orientamento sessuale e questo lo fa soffrire di impotenza. E si sente invisibile. Zeke ha una asfissiante e retrograda famiglia italiana che lo ricopre di stereotipi e sensi di colpa (e, anche se l’episodio in cui fanno i pomodori in barattolo e le conserve, per noi italiani, è uno spasso…la situazione è tutt’altro che da ridere).
Charlie è l’unico dichiarato, musicista in divenire, che sogna però un mondo “troppo” avanti e un amore totalizzante che sostituisca la mancanza del padre, prematuramente scomparso. Pure lui invisibile.

Sembra Dawson’s Creek messa così ma i tormenti dei ragazzi e il senso di impotenza sono reali, tangibili. Per chi è stato un invisible boy per lo meno. Ma se non ci si riconosce, è stato mancato il bersaglio. Quindi un buon prodotto, con performance attoriali oneste, una bella fotografia e una colonna sonora che attinge nel pop australiano, con tuffi nel passato, belli e nostalgici (tipo con quella Touch of Paradise di John Farnham coverizzata anche in Italia nell’ 87 da Fiordaliso). Il tutto nella cornice della ventosa e profumata Australia.