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Jack Ryan – L’iniziazione

2014
Titolo Originale:
Jack Ryan: Shadow Recruit
REGIA:
Kenneth Branagh
CAST:
Chris Pine (Jack Ryan)
Keira Knightley (Cathy Muller)
Kevin Costner (William Harper)

Il nostro giudizio

Jack Ryan – L’iniziazione è un film del 2014, diretto da Kenneth Branagh.

Se pensate a Caccia a ottobre rosso, il classico di John McTiernan, qual è la prima cosa che viene in mente? Sean Connery, of course. Solo in un secondo momento ci si ricorda di Alec Baldwin, e ancor più tardi del suo personaggio, quel Jack Ryan nato dalla penna di Tom Clancy, protagonista di almeno una decina di romanzi. Clancy si è preso tutte le pagine necessarie per narrare la vita di questo ex-marine, ex-broker finanziario e infine insegnante di storia, che da consulente esterno della CIA ai tempi della Guerra Fredda scala tutti i gradi fino a diventare addirittura Presidente degli Stati Uniti, districandosi tra terroristi e spie russe.

Al cinema, la carriera di Jack Ryan non è arrivata così lontano, seppur il nostro abbia frequentato ripetutamente il grande schermo. Dopo Baldwin, Ryan si ritrova un ruolo primario e il volto più maturo di Harrison Ford in Giochi di potere (Patriot Games, 1992) e Sotto il segno del pericolo (Clear and Present Danger, 1994), entrambi di Phillip Noyce, spy story solide e intriganti, seppur senza guizzi, a differenza di Al vertice della tensione (The Sum of All Fears, 2002), film tutt’altro che memorabile con Ben Affleck a impersonare Jack. Nonostante i buoni guadagni, quest’ultimo rimane il capitolo più recente. Poi è scoppiata la rebootmania e il nostro è tornato nel calderone delle produzioni hollywoodiane, anche perché interessante alternativa ai vari James Bond, Jason Bourne e Jack Reacher. In Jack Ryan – L’iniziazione, Ryan è quel Chris Pine già noto come il nuovo capitano Kirk negli Star Trek di Abrams, circondato da un rodato mix generazionale di nomi di richiamo come Kevin Costner, Keira Knightley e Kenneth Branagh, che è anche regista dell’ultimo minuto al posto di Jack Bender, ritiratosi per altri impegni.

Scambio azzeccatissimo, comunque: Jack Ryan non fa riferimento a un romanzo o a una storia particolari di Clancy, ne riprende solo il personaggio principale, le sue psicologie, i suoi eventi chiave (incidenti, matrimonio, amicizie importanti ecc.), con forti ripercussioni sul film. La vita privata di Ryan viene sviscerata come mai prima d’ora al cinema, e un regista da sempre attento alla cura dei personaggi come Branagh qui ci sguazza alla grande. Particolari noti ai lettori di Clancy, ma solo accennati nelle controparti filmiche, in Jack Ryan passano in primo piano, attualizzati. Jack dapprima studia alla London School of Economics, ma dopo l’11/9 si arruola nei Marines, va in Afghanistan e il suo elicottero viene abbattuto dai talebani. Ne esce vivo ma piuttosto malconcio: carriera militare finita e lungo rehab, dove viene reclutato come agente CIA da William Harper (Kevin Costner) e conosce la dottoressa Cathy Muller (Keira Knightley), che poi sposa. Anche il personaggio di Cathy, solitamente relegato sullo sfondo nei film precedenti, diventa coprotagonista, parte attiva nella missione del marito e poi, più canonicamente, donzella da salvare con un inseguimento notturno per le strade di Mosca. Perché Jack Ryan è comunque un thriller, e lo spettacolo fracassone è assicurato da poche ma frenetiche scene d’azione.

Nella sceneggiatura di David Koepp e Adam Cozad si parla di terrorismo finanziario, mettendo in scena il complotto di un gruppo di oligarchi russi, nostalgici dell’Unione Sovietica, che puntano al collasso economico degli USA (e di rimando della Cina) tramite complessi barbatrucchi di alta finanza. Un giovane Jack Ryan, agente CIA sotto copertura a Wall Street per tenere d’occhio eventuali transazioni collegabili ad attività terroriste, si accorge del complotto, e scopre che tutte le piste portano a delle società facenti capo a tal Viktor Cherevin (Kenneth Branagh). William Harper decide di mandarlo a Mosca a indagare, ma tentano già di ucciderlo appena mette piede in albergo.

A una crescente paranoia si aggiunge Cathy, che raggiunge Jack a sorpresa, convinta dalla sfuggevolezza del marito di avere un bel paio di corna tra i lunghi capelli corvini. Però capita a fagiolo per partecipare a una missione in grado di fermare il piano di Cherevin. Come blockbuster, Jack Ryan funziona eccome, soddisfa tutte le aspettative e tiene desta l’attenzione con il suo alternarsi di melò, thriller e action, senza però eccellere in nessuno dei tre e alle volte pure infastidendo (soprattutto nel melò).

Purtroppo la costante espressione da triglia stordita di Chris Pine non aiuta ad affezionarsi al personaggio, e la sempre più ricorrente cagneria della Knightley non giova di sicuro. Son cose che si tollerano meglio sapendo che però Jack Ryan è disseminato di micro chicche, e di questo ringraziamo Branagh. Ad esempio, l’immagine finale dà da pensare: Jack e William, a pericolo scongiurato, vengono accolti dal Presidente degli Stati Uniti nello Studio Ovale, e Branagh cita l’inquadratura finale del Padrino, quella con Michael Corleone nuovo boss che riceve i picciotti nel suo studio, e la porta che si chiude. Qui, al posto del padrino, c’é il Presidente degli Stati Uniti… ambiguo, deliziosamente ambiguo.