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Jeanne du Barry – La favorita del re

2023
REGIA:
Maïwenn
CAST:
Maïwenn (Madame du Barry)
Johnny Depp (Luigi XV)
Benjamin Lavernhe (Jean-Benjamin de La Borde)

Il nostro giudizio

Jeanne du Barry – La favorita del re è un film del 2023, diretto da Maïwenn.

Ci sono film che per una serie di motivi scatenano il classico tiro al piccione: evidentemente hanno un bersaglio disegnato sopra e, appena vengono proiettati, tutti iniziano a sparare, per prima la critica, poi la voce si spande e piovono stroncature di ogni genere, sostenute dagli argomenti più fantasiosi. È accaduto all’ottimo film di Maïwenn, Jeanne du Barry, titolo di apertura all’ultimo Festival di Cannes e serio candidato al film più odiato della stagione. Alla base si potrebbe osare una dietrologia: l’attrice e regista quarantasettenne Maïwenn, al secolo Maïwenn Le Besco, è molto lontana dallo spirito del tempo, è una che dello zeitgeist se ne frega altamente, fin da quando diventò famosa da ragazzina per la relazione scandalosa intrecciata con Luc Besson a sedici anni. Non ha alcuna correttezza e non segue movimenti Maïwenn, dice e fa proprio quello che le pare, e questo al tempo dell’omologazione può dare un po’ fastidio. Se però il risultato è un film come Polisse, girato e interpretato nel 2011, allora tanto di capello. Ma come detto ciò è una malignità. A ruota viene in mente un’altra motivazione più estetica: Jeanne du Barry rappresenta la corte di Francia senza alcuna ipotesi realistica, ma attraverso uno scivolamento radicale nel grottesco.

Il film racconta la storia di Marie-Jeanne Bécu (la stessa Maïwenn), una ragazza di origini umili nata nel 1743, destinata a un’esistenza di retrovia. La ragazza però non ci sta: grazie alla bellezza ipnotica e alla mente acuta, diviene prima amante e poi moglie del conte Jean-Bapiste du Barry, ottenendo così il titolo nobiliare. Dedicandosi al libertinaggio incontrerà l’anziano maresciallo de Richelieu, che vive nella reggia di Versailles, a sua volta libertino ossia vecchio porco, che propone di presentarla nientemeno che al re in persona, Luigi XV interpretato da Johnny Depp. Quando il sovrano e la donna incrociano gli sguardi, è quasi magia: Jeanne viene convocata da sua maestà nelle stanze notturne e accade quanto si può immaginare. Il loro sarà un rapporto di sesso, ma anche di amore. Prima avversato tenacemente dalle tre figlie del re, che meritano il bodyshaming della cortigiana (“Le donne più brutte che abbia mai visto”), e poi dalla nuova possibile favorita, perché il re non è esclusivo e i gusti possono sempre cambiare, sic transit gloria mundi. Ascesa e caduta di Jeanne du Barry, dunque, che resta attaccata con le unghie al monarca, e non per interesse, fin quando Luigi XV si becca il vaiolo e alla porta si inizia a sentire il rombo violento della Rivoluzione francese.

Come detto, alla regista non interessa minimamente una ricostruzione plausibile della corte, per quanto abbia girato a Versailles, o forse proprio per questo, nell’intento di creare un cortocircuito tra il luogo vero e la deformazione della storia. La rappresentazione della reggia è infatti un freakshow: dopo la premessa con gli anni giovanili di Jeanne scanditi dalla voce fuori campo, all’arrivo sul selciato reale ne succedono di tutti i colori. Un esempio? L’uso comico di camminare all’indietro di fronte al re, al quale non si può dare le spalle, ed ecco che i cortigiani si congedano con piccoli saltelli a passo di gambero, isolando subito il volto dell’etichetta tanto ridicolo quanto patetico. Sarà Jeanne, ovviamente, a rompere il cerimoniale prima di farsi penetrare dal sommo pene del sovrano. E così via: dalle visite mattutine negli appartamenti di Luigi, routine paradossale e sempre uguale, sino alla riunione della corte in cui la preferita spicca col suo look esagerato, in un caso addirittura crossdressing (“Guardate, è vestita da uomo!”). Insomma la forma viene messa in parodia e demolita, rivelandosi risibile come ogni etichetta. Gli unici che se ne fottono sono Maïwenn, appunto, e Johnny Depp finalmente convincente nel ruolo del re, perché col viso dipinto, il fisico bolso, il passo strafatto offre a Luigi XV un’incarnazione non meno fantastica di Willy Wonka. Bello così. Certo, i puristi del film storico sono indignati, sostenendo per esempio che i due attori siano overage, ovvero troppo più grandi dei personaggi che interpretano. A nessuno è venuto il dubbio che qui non si cerca la verosimiglianza ma la lente deformante, dunque la logica dell’età va a farsi benedire. Senza fare nomi, invece di incensare polpettoni calligrafici che non sono mica Barry Lyndon, forse è meglio guardarsi il film anti-storico di Maïwenn e godersi i suoi ridicoli lustrini.