Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì
1985
Joan Lui è un film del 1985 diretto e interpretato da Adriano Celentano.
In un mondo devastato dalla violenza, e da altri gravi problemi sociali, in un piccolo paese giunge col treno Joan Lui, personaggio che allude a Cristo. Con un gruppo di seguaci fedeli comincia il suo rapido passaggio tra la gente, suscitando interesse in Judy, una manager dello spettacolo, una giornalista di sinistra ed altri ancora, ma facendo in primo luogo centro sui sentimenti e le attese del popolo. Il Maligno, chiaro riferimento a Satana, cercherà di fermarlo.
Nel 1985 ci si aspettava tutto da un Re Mida del botteghino come Celentano: una commedia che avrebbe ulteriormente sbancato o magari un musical sui generis, in stile Yuppi du. Ed effettivamente realizzò qualcosa di simile… Joan Lui, uscito in maniera sublime proprio il 25 dicembre dell’ ’85, è in effetti sia una commedia che un musical poco ortodosso. Ma è anche un horror. Ebbene si, cosa potremmo scrivere di nuovo e di non oscurato dal pregiudizio estetico-intellettuale che già non sia stato scritto sul film in questione? Nessuno ha mai rilevato come il film di Celentano sia, al tempo stesso, un melting-pot esaltante di suggestioni, ambizioni, follie, megalomanie, ma anche una contaminazione ben più che surreale, decisamente inquietante di generi apparentemente antitetici. Come non sottolineare, prima di tutto, il finale apocalittico dalle tinte (udite, udite) splatter (!!!)… un finale quasi da film dell’orrore, si potrebbe dire.
A una prima occhiata si potrebbe persino dire che questo epilogo giunge come un fulmine a ciel sereno, e non ci si sbaglierebbe in fondo di molto. Ma, in realtà, questo finale giunge quasi come un frutto maturo e marcio dopo quasi tre ore di un film che dissemina densamente inquietudine, squarci e fumi invasivi di terrore e orrore, perversione, paesaggi fisici e dell’anima quasi dipinti da De Chirico. Esageriamo? E allora come classificare il sogno di Judy? La scoperta dei feti morti alla stazione? La scena della disco-chiesa? L’attesa di Joan “prima che canti il gallo”? L’inizio semi-western che pare quasi un fumogeno di inquietudine lanciato da Celentano verso gli spettatori per catturarli-esaltarli? Certo, già The Rocky Horror Picture Show era un bell’ibrido musical-horror… ma non vi era la vera perversione e inquietudine che regna qui… qui siamo nel regno della follia pura, quasi come se il “bisbetico domato” avesse ambientato la storia di questo Jesus Star Superhorror nell’albergo maledetto di L’Aldilà, luogo che cangia le coordinate spazio-temporali del mondo. Non certo questo ci si aspettava da un film del Molleggiato, negli ’80. Ma, anche qui, si potrebbe obiettare portando in dote l’esempio di Messalina, Messalina, mirabile esempio di contaminatio tre il comico, l’erotico piuttosto spintuccio e… la deriva splatter finale.
No, quello che colpisce in Joan Lui è l’aver abbinato tutti questi rivoli malsani in un film che dovrebbe parlare (anche) di una Pace e un Amore che vincono il male… certo, nel finale si va in Paradiso, ma quanta delirante sofferenza prima. Quello che colpisce è l’aver circondato di malessere un film che ha il proprio perno nella figura di colui che porta la Pace, Gesù (ma se si pensa alla sofferenza patita da Lui, forse si aprono altri spiragli ermeneutici); un film quasi “cattivo”, come se Gesù-Celentano volesse punire in senso lato l’Uomo, lo spettatore per i propri peccati (forse quello di cedere a un’estetica cinematografica patinata?); anche i dialoghi semi-comici tra Gian e Joan sono percorsi dal vento freddo della Morte, quasi un vento che annunzia il Finale, la Fine. A suo personalissimo modo, Joan Lui è un capolavoro. Un capolavoro di sensazioni, di follia, di “erezione delle emozioni”, di perfetta e succulenta imperfezione. Tutto quello che oggi manca sui nostri schermi patinati, globalizzati, puliti da quel sangue (forse un poco trash) inatteso che sgorga nell’ Apocalisse finale, puliti dalla follia, dalla Vita e dalla viva Morte.