Kill your friends
2015
Kill Your Friends è un film del 2015, diretto da Owen Harris.
E voi dov’eravate negli anni 90? Quella decade così entusiasmante per la scena musicale, con l’esplosione del fenomeno britpop, album che vendevano milioni di copie e un fantastico marasma di generi come trip-hop o jungle. Dietro le quinte di questa primavera sonica si muovevano, veloci come gazzelle e affamati come squali, talent scout come Steven Stelfox (Nicolas Hoult), il protagonista di questo Kill Your Friends. Steven è un figlio di puttana al 100%, ma chi lo circonda non è da meno. Alimentato da una brama di potere pari solo al suo intuito musicale, Steven segue alla virgola la legge della giungla per primeggiare in un business così competitivo e spietato, con tripudio di eccessi da far (quasi) impallidire la Wall Street in cui si aggirava il Lupo Jordan Belfort di Martin Scorsese. Quando il rivale/amico Waters sta per spodestarlo, Steven non esita a sporcarsi le mani di sangue pur di rimanere in cima alla catena alimentare. Ma, si sa, il delitto è come le ciliegie: una tira l’altra; e così, tra una nefandezza e una pugnalata alle spalle, tra una scopata strategica e un cadavere da smembrare, sangue e cocaina continueranno a scorrere abbondanti.
Tratto dal romanzo omonimo dello scozzese John Niven (che nello showbiz musicale ci ha lavorato veramente) e diretto dal semi-esordiente Owen Harris, Kill Your Friends è esattamente ciò che promette il titolo: una corsa a massima velocità nichilista, brutale amorale, sguaiata e a tratti divertentissima; niente di più, niente di meno. E a noi va bene così. Anzi, la natura completamente anticommerciale e anacronistica e del film (Album? Cd? Case discografiche? Puro Cretaceo per i Nativi Digitali cresciuti a pane, musica liquida e talent show), ci spinge a voler ancora più bene a questo piccolo film che, ci scommettiamo, nel Belpaese non arriverà mai. Ovviamente, il paragone con il monumentale Wolf of Wall Street sarebbe impietoso e forse sarebbe più giusto mettere Kill Your Friends sullo stesso livello di American Psycho. Se sul piano letterario, lo yuppie omicida Patrick Bateman si mangia a colazione il piccolo Steven Stelfox, sul versante cinematografico avviene l’esatto contrario: laddove la furba pellicola di Mary Harron annacquava qualsiasi eccesso con il filtro del politicamente corretto in salsa femminista, il film di Harris negli eccessi ci sguazza felice e contento, proponendoci un piatto visivamente sontuoso dove non ci è risparmiato nulla: splatter, (tanto) sesso promiscuo, droga a palate e tali raffiche di battute così omofobe, razziste e feroci da far schiattare in un colpo solo l’intera dinastia dei Clinton.
E l’eterno belloccio Nicolas Hoult qui tira fuori una grinta e uno sguardo da killer da applausi. Ciliegina sulla torta, una fantastica colonna sonora in linea con quei tempi. E se, come chi scrive, avete vissuto in pieno l’euforia musicale dei 90’, fate di tutto per vederlo, magari in double feature con quell’altro gioiellino dimenticato che era Twenty Four Hour Party People .Non un capolavoro, insomma, ma di sicuro un instant cult.