L’erotomane
1974
L’erotomane è un film del 1974, diretto da Marco Vicario.
Crisi petrolifera e superomismi sensuali in un turbine di idiosincrasie paradossali, che vede il Cavaliere d’industria Rodolfo Persichetti/ Gastone Moschin, cinico avvocato lombardo assurto in maniera truffaldina alla presidenza di una società energetica d’importanza nazionale, venire improvvisamente colpito da una grave “impotentia coeundi”, con enorme imbarazzo e sconforto proprio, della moglie Janet Agren, dell’amante Silvia Dionisio, della cameriera Neda Arneric, della segretaria Milena Vukotic e delle varie amichette di passaggio come Isabella Biagini, Paola Senatore, Loredana Martinez. Colpa del troppo successo predatorio e dei morsi con cui ha sempre aggredito belluinamente la vita? O semplicemente di un trauma dell’infanzia, come sostiene lo psichiatra Jacques Dufilho che lo cura sottoponendolo a incessanti terapie per liberare ogni pulsione istintuale in qualsiasi ora della giornata e con qualsiasi partner a disposizione? Probabilmente entrambe le motivazioni s’intrecciano in una, visto poi che, “ripetendo” infine la scena del remoto incidente (un atto vouyeristico punito), l’”impedimento”del rampante industriale muta nel suo inverso, amplificandosi a dismisura in sfrenatezze libidinose di una satiriasi incontenibile.
L’erotomane baffuto Moschin viene lanciato oltre il grandangolo grottesco in situazioni peccaminose sempre più aberranti (si veda la scena dell’orgia luttuosamente borghese con il ministro doroteo della Democrazia cristiana Vittorio Caprioli e la consorte Maria Antonietta Beluzzi, la tabaccaia felliniana dalle tette colossali di Amarcord), giù fino a un finale assurdo e inaspettato. Titolo centrale tra gli “scomparsi” della rosa di pellicole dirette da Marco Vicario per Atlantica Produzioni Cinenematografiche a suo tempo distribuite dalla Medusa, al pari del bologniniano Mogliamante con Laura Antonelli e Marcello Mastroianni (1977), questo Erotomane vietato ai minori di 18 anni è una vertiginosa satira di costume che si attorciglia su se stessa, garantendo frequenti e riusciti picchi comico sexy piuttosto spinti. Certo non supera la barriera dei “complessi del giocattolo” del filone-Buzzanca, ma ha sicuramente qualcosa in più e tiene il tentativo di delinearvi alla maniera di Risi, Scola e Monicelli anche un contesto di attualità politica pungente su temi scottanti, come la corruttela politico-finanziaria dei poteri forti, il compromesso storico, i finanziamenti occulti all’Msi di Almirante.
Facendo assurgere in primissimo piano la maschera di Moschin, attore brillantissimo ma sminuito spesso in parti da caratterista, e già apparso in nuce come sensuale dalla pressione alta nell’ottimo successo di Paolo il caldo (1973), nel ruolo dello zio Edmondo del “gallo siciliano” Giancarlo Giannini sospeso tra insistita goliardia “femminara” e tragedia esistenziale, Marco Vicario si diverte a esplorarne il potenziale gigionesco, proseguendo idealmente la sua visione di commedia erotica acculturata dalle metafore del sesso e memore della godibilità delle pagine di Vitaliano Brancati e Piero Chiara. Da recuperare sicuramente.