L’evocazione
2013
L’evocazione è un film del 2013 diretto da James Wan.
Il malese James Wan ascende alla ribalta grazie alla saga di Saw, di cui firma il primo capitolo nel 2004, e questo lo sanno anche i muri; è anche vero che dopo un inizio così promettente qualche scivolone l’ha preso pure lui, forse a causa delle numerose virate stilistiche (si pensi a Death Sentence, crudo revenge movie, e al coevo Dead Silence, sui killer puppets), che, invece di esaltarne le doti poliedriche, ne evidenziavano le indecisioni artistiche. Proprio la sua penultima prova, Insidious (2010) è ricollegabile a L’evocazione, a cominciare dal cast: ritroviamo infatti il fidato Patrick Wilson, là nel ruolo del genitore premuroso Josh Lambert; poi la location, le quattro mura ospitanti presagi inquietanti e manifestazioni demoniache. A livello stilistico se Insidious puntava sulla amatorialità in veste arty (a causa del budget ridotto), L’evocazione viene diretto con uno stile insolitamente integralista, con una coralità interpretativa vecchia maniera, una riproposizione d’antan di topoi orrorifici quali case infestate ed esorcismi, mirante a convogliare i due sottogeneri nel finale, dopo averli abilmente suddivisi rispettivamente in un ideale primo e secondo tempo della visione.
THE WARREN FILES
Prima di tutto, chi sono i coniugi Warren? Lui, Ed, è un demonologo, autore di numerosi libri sull’argomento, ex veterano della marina statunitense, mentre la moglie Lorraine è una chiaroveggente e medium che ha dedicato l’intera esistenza all’investigazione del paranormale fianco a fianco col consorte. Nel 1952 i due fondano la New England Society for Psychic Research (un’organizzazione che nelle indagini si avvaleva dell’ausilio di individui dalle eterogenee estrazioni sociali, da personale ospedaliero ad agenti di polizia, da studenti del college fino a membri del clero) e inaugurano l’Occult Museum; creano attorno a loro un seguito notevole, tra curiosi, critici, diffidenti ed estimatori, consolidando un processo di fidelizzazione mediante la stampa di numerosi libri e trattati su case infestate et similia, vantando alla fine della loro esperienza un background professionale di oltre 10.000 casi. Il cinema si è occupato dei coniugi Warren in diverse occasioni: la pellicola di riferimento è Amityville Horror (1979, Stuart Rosenberg, riguardante la coppia newyorkese dei Lutz che denunciavano una violenta presenza demoniaca nella propria abitazione), seguita dal film per la tv La casa delle anime perdute (The Haunted, 1991, Robert Mandel, in cui i coniugi Smurl si lamentavano di tre spiriti e un demone che voleva annientare la famiglia), fino ad arrivare a Il messaggero (The Haunting in Connecticut, 2009, Peter Cornwell, liberamente basato sulle persecuzioni della famiglia Snedeker, sebbene l’attendibilità di questi ultimi sia stata minata da seri problemi di alcolismo). La vicenda è dunque tratta da una storia vera (siamo nel 1971 a Rhode Island), e inizialmente la pellicola avrebbe dovuto chiamarsi proprio The Warren Files, facendo presagire una serialità riguardante i casi dei coniugi demonologi (nella fattispecie Ed è Patrick Wilson, Lorraine è Vera Farmiga). L’altro nucleo familiare è quello dei Perron (il marito Roger è Ron Livingston, la moglie Carolyn, Lili Taylor), appena trasferitisi nella nuova farmhouse, con un seguito di ben cinque figlie.
INFESTAZIONE-OPPRESSIONE-POSSESSIONE
Ma non ci vuole molto che l’escalation del Male cominci a manifestarsi: proprio quando Lili Taylor intraprende il consueto gioco del battito di mani con una delle figlie, il medesimo suono proviene da un armadio che non ospita la bambina… gli orologi si fermano sempre alla stessa ora, si odono battiti insistenti sui muri, compaiono strani ematomi sul corpo della stessa Carolyn, il cane viene trovato morto stecchito in giardino, un carillon con lente deformante riflette ologrammi funesti, si avverte tangibile una contagiosa suggestione da boogeyman: sono tutti fattori scatenanti che portano al reclutamento dei Warren, acclarati esperti in materia. Appena giunti in loco, avvertono l’olezzo di carne putrefatta e progressivamente l’escalation demoniaca si compie in toto, e mentre Ed si occupa dell’aspetto tecnico e pragmatico (le varie attrezzature audio per registrare i rumori e videocamere per filmare gli spostamenti di oggetti), lei è la vera sensitiva, che entra in contatto con le atrocità commesse nel posto anni addietro. La pellicola scivola gradualmente dalla casa infestata alle possessioni diaboliche: mentre le presenze si fanno sempre più violente, trascinando le inquiline per le fluenti chiome e scaraventando a terra un’intera parete di quadri, l’iter per ottenere un esorcismo in piena regola si complica, poiché le figlie dei Perron non sono battezzate e i genitori non molto osservanti né praticanti; quindi, data l’incombenza del Male, Ed indossa la croce al collo e impugna il testo sacro e si mette all’opera, scagliando anatemi in latino per espellere il Maligno dal corpo di Carolyn…
WANNA PLAY HANDCLAP?
L’evocazione è in fin dei conti un horror soprannaturale di ottimo livello, a cui indubbiamente giova l’aura marcatamente vintage riproposta, il sopracitato mix tra haunted house e possession movie, nonché le interpretazioni molto convincenti di tutto il cast (con Farmiga e Taylor una spanna sopra gli altri). Ma in cosa consiste nello specifico questo tocco arcaizzante? In primis, la scelta di narrare la convergenza di due famiglie agli antipodi: una condivisione di rispettive quotidianità che si trasforma in una coalizione contro l’Ignoto. In secundis, il concetto di instrumentum diaboli, l’oggetto ordinario che diviene vettore malefico: dall’inquietante puppet legnoso (per il quale Wan aveva già mostrato predilezione in Dead Silence), al carillon ipnotico (che stranamente per la rifrazione delle immagini può ricordare lo specchio di Candyman). Persino un clichè quale il giochino dell’handclap riesce a far sobbalzare nella duplice versione diurna e nottetempo, mediante il sapiente utilizzo di appropriati angoli visuali e di effetti sonori atmosferici, minimali e oppressivi. E poi l’intera aura old style: dal look dei protagonisti (vedi soprattutto Roger e Lorraine), al legno antico della dimora, ai quadri sormontati da cornici pesantissime. Anche Wan ne esce bene, esibendosi in contorsionismi con macchina da presa sui due piani della dimora, con tanto di plongée e contre plongée fulminanti ed efficaci nello scatenare sobbalzi. Si può dire senza remore che L’evocazione rappresenta la risposta vecchio stile al modernismo paranormale del recente Sinister (2012, Scott Derrickson), con cui condivide l’iconico Albero degli Impiccati, ed entrambi rinvigoriscono un sottogenere horror dal fascino indiscusso. James Wan merita dunque un plauso particolare per essere riuscito a dimostrare le sue doti sia sul claustrofobico versante indoor che nei laceramenti dei corpi invasati dal Maligno.