Featured Image

La caduta della casa degli Usher

2023
Titolo Originale:
The Fall of the House of Usher
REGIA:
Mike Flanagan
CAST:
Bruce Greenwood (Roderick Usher)
Carla Gugino (Verna)
Mary McDonnell (Madeline Usher)

Il nostro giudizio

La caduta della casa degli Usher è una serie tv del 2023 ideata e diretta da Mike Flanagan

Another Brick in the wall dei Pink Floyd, il capodanno del 1980, tre linee temprali diverse. Ma anche il corvo, il pendolo, la Morte rossa. Di primo acchito, il primo episodio della nuova (nonché ultima) serie di Mike Flanagan per Netflix, La caduta della casa degli Usher, potrebbe far storcere il naso degli estimatori di Edgar Allan Poe. Non solo per l’ambientazione moderna (da Due occhi diabolici del 1990 non sono mancate rivisitazioni in chiave contemporanea dei suoi racconti), ma per la ricerca quasi ossessiva di elementi e tematiche che fanno a gara per entrare in una sorta di tassonomia da algoritmo seriale: l’inclusione di varie etnie, la sessualità fluida, una certa disinvoltura nel suggerire promiscuità sessuale e, su tutte, il commercio di farmaci antidolorifici che provocano assuefazione e danni peggiori dell’eroina, argomento di scottante attualità negli USA, come denunciato l’anno scorso dal documentario vincitore del Leone d’oro a Venezia, Tutta la bellezza e il dolore. In questo caso gli Usher sono una potente dinastia, proprietaria della Fortunato Farmaceutica (ogni riferimento al Barile di Amontillado è ovviamente voluto), che nasce da Roderick e Madeleine, fratello e sorella. La caduta corrisponde al declino del loro impero: la famiglia è sotto processo per le magagne relative al licodone, farmaco-panacea contro tutti i dolori, commercializzato per anni dalla Fortunato. Nel frattempo i numerosi figli (ognuno con un nome da un personaggio di Poe) di Roderick cominciano a morire misteriosamente e violentemente. Una strana donna sembra collegata a questi decessi e a qualcosa avvenuto quando Rod e Mad erano giovani e si facevano strada alla Fortunato.

Cosa c’entra dunque tutto questo con le atmosfere tetre e spettrali dello scrittore di Boston? Eppure Flanagan non è l’ultimo arrivato in fatto di adattamenti moderni di classici del gotico del XIX e XX secolo, come Giro di vite di Henry James e L’incubo di Hill house di Shirley Jackson, dai quali ha tratto le splendide serie The Haunting of Bly Manor e The Haunting of Hill House. Senza contare l’efficacissimo adattamento kinghiano Il gioco di Gerald e l’altro, controverso ma molto intrigante, Doctor Sleep, sequel di Shining. Infine due anni fa la sottovalutata, nonché kinghiana fino al midollo, serie Midnight Mass, scritta totalmente di sua mano. Nato guarda a caso nella stregonesca Salem, Flanagan è stato uno dei pochi autori che negli ultimi anni è riuscito ad aggiornare gli archetipi del genere gotico senza snaturarli, piuttosto inserendoli in contesti moderni, usandoli come metafore esistenziali di disagi attuali, senza però perdere di vista il gusto dello spavento puro e duro nonché la classicità di quegli archetipi. Dunque che succede con questa casa Usher considerata da sempre l’apice della narrativa di Poe? Semplice: così come realizzato con i precedenti adattamenti, Flanagan ha gonfiato ed espanso il materiale narrativo, però stavolta non di un solo racconto, ma di un’intera antologia dell’autore del Pozzo e il pendolo. Il cineasta di Salem ha costruito una saga familiare di ampio respiro che riesce in qualche modo a creare una sorta di blasfemo sposalizio tra alcuni elementi tipici dei racconti di Poe (ogni episodio della serie si ispira a un racconto diverso fin dal titolo) e gli argomenti contemporanei che vanno più forte secondo il maledetto algoritmo. Un ulteriore aggiornamento dunque degli archetipi del genere, stavolta da uno dei capostipiti, abusando di certo impietosamente della casa Usher come spunto, per spalmare poi scaltramente la narrativa di Poe su tutta la serie.

In ogni episodio assistiamo ad una elaborata ed efferata morte “accidentale” preparata da vari segnali premonitori e basata ognuna su un racconto celebre di Poe. Fatti i dovuti distinguo, non siamo tanto lontani da certe morti famigerate dei film di Argento, come nei soprannaturali Suspiria e Inferno, in cui non era un vero e proprio assassino a uccidere, ma forze oscure che si concertavano a far accadere determinati eventi. Nella stesa tipologia rientravano i decessi “sfortunati” de Il presagio, per arrivare infine alle troppo banalmente arzigogolate morti dei film di Final Destination. La nuova serie di Flanagan non si riduce solo a questo ma riesce, in otto episodi, a costruire un’intrigante e imponente architettura narrativa che richiede un minimo di pazienza da parte degli spettatori che potrebbero rimanere spaventati dalla mole di personaggi e linee temporali multiple presenti già nel primo episodio. Ma come nelle altre opere del cineasta di Salem il cerchio verrà perfettamente chiuso alla fine. Tornano alcuni stilemi dell’autore, come l’inserimento di agghiaccianti figure spettrali accanto ai personaggi inconsapevoli, visibili solo agli spettatori. E torna anche l’ottimo cast di fedelissimi di Flanagan come Bruce Greenwood, Carla Gugino, Kate Siegel, Henry Thomas, Samantha Sloyan, in questo caso affiancati dalle new entry Mary McDonnell e Mark Hamill, perfetto nel ruolo dell’ambiguo avvocato Arthur Gordon Pym (si proprio quello del romanzo di Poe ambientato in Antartide). Ulteriore divertimento per gli appassionati sarà infatti scoprire i numerosi easter eggs riferibili alla narrativa di Poe disseminati lungo tutto gli episodi. Furba operazione di sincretismo narrativo algoritmico o intrigante ibrido tra elementi gotici classici e pezzi di attualissimo immaginario all inclusive, pronti a grondare sangue? Forse entrambi, ma il fascino di questa serie crediamo risieda proprio in questa ambiguità.