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La casa delle bambole – Ghostland

2018
Titolo Originale:
Ghostland
REGIA:
Pascal Laugier
CAST:
Crystal Reed (Beth adulta)
Mylène Farmer (Pauline)
Emilia Jones (Beth giovane)

Il nostro giudizio

La casa delle bambole – Ghostland è un film del 2018, diretto da Pascal Laugier.

Esattamente dieci anni fa Pascar Laugier lasciava un segno indelebile nella storia del cinema horror con Martyrs, sua opera seconda e, assieme a Haute Tension di Alexandre Aja, punta di diamante della celeberrima ondata di exploitation francofoni degli anni zero. Se sulla lunga distanza Aja si è dimostrato un regista prolifico e capace di scendere a compromessi con le necessità produttive, Laugier ha centellinato il proprio talento in appena una manciata di progetti, scontando un’evidente difficoltà a monetizzare un nome ormai di culto senza snaturare un percorso che pare essere già ben delineato nella mente del regista. Dopo aver sperimentato le logiche del cinema americano mainstream con I bambini di Cold Rock del 2012, in La casa delle bambole – Ghostland (distribuito nelle sale italiane a partire dal 6 Dicembre da Midnight Factory/Koch Media), Laugier è tornato a misurarsi con una produzione più piccola, ma proprio per questo con meno remore, e sembra aver riscoperto quella ferocia nichilista che aveva sublimato nella più mesta malinconia una volta sbarcato oltreoceano.

Ancora una volta Laugier parla di violenza e segregazione minorile all’interno di un film dove si sovrappongono differenti realtà e punti di vista, sempre portando avanti quell’estenuante ricerca, all’interno dei labirinti della mente, dei risvolti più profondi dell’annichilimento umano. In certi momenti sembra di essere tornati dalle parti degli exploitation francesi dello scorso decennio, con i volti e i corpi tumefatti delle protagoniste che ricordano i “martiri” della seconda opera del regista e i paesaggi apocalittici rievocatori del Calvaire di Fabrice Du Welz.
Eppure Ghostland non è affatto un’operazione di recupero di una stagione cinematografica ormai conclusa (di cui peraltro Laugier ha sempre negato l’esistenza nella forma di realtà consapevole e organizzata), ma piuttosto un tentativo del regista di far collidere la portata innovativa della propria visione con un patrimonio comune ormai consolidato nel cinema horror.

La vicenda delle protagoniste poggia infatti su un terreno in cui non è difficile notare tanti topoi del terrore moderno, dalla casa antica popolata di bambole che sembrano sempre sul punto di animarsi ai freaks depravati partoriti dalla provincia. Se le fonti da cui prende spunto Laugier sono fin troppo evidenti e non si va mai oltre la pura funzionalità al racconto, il risultato è nondimeno permeato da un fascino nero di grande effetto, capace di avvolgere la storia con una cappa di inquietudine da cui è difficile liberarsi. Nelle mani di un qualsiasi regista di mestiere Ghostland sarebbe probabilmente risultato come nulla di più di un innocuo incrocio tra home invasion e horror rurale, ma in quelle di Laugier diviene una surreale e disperata fuga della mente dalla carne in una realtà dove, per l’ennesima volta, l’orrore è un qualcosa perpetrato da esseri umani. Mutatis mutandis, il regista francese continua a rimanere fedele ai fondamenti del proprio cinema avvicinandosi sempre di più a un percorso autoriale, e con Ghostland aggiunge alla propria collezione di tesori una gemma raffinata e nerissima.