
La mano
1981
Oliver Stone firma un horror allucinato, sorretto da un’ottima sceneggiatura e dagli effetti speciali di Carlo Rambaldi.
Parlare di mani amputate e semoventi significa innanzitutto fare la cronistoria di un vero e proprio filone del cinema, un sotto-genere codificato che, contrariamente alle varie e redivive correnti zombesche e vampiresche, pare caduto nel dimenticatoio. Si tratta più che altro di una serie di film che, per quanto prodotti in epoche diverse e a distanza di decenni l’uno dall’altro, mantengono una genesi sia cinematografica che letteraria comune. L’illustre e sconosciuto predecessore sarebbe il romanzo Le mani di Orlac del francese Maurice Renard, da cui Robert Wiene trasse Orlacs Hände nel 1924, forse la pellicola più citata. La storia non finisce lì, però, anzi si complica, perché di epigoni che, di riffa o di raffa, il film di Wiene l’hanno citato ce ne sono diversi. Mad Love (1935) di Karl Freund con Peter Lorre, per esempio. Lorre compare anche nel remake del remake, The Beast with Five Fingers (1946), tratto questo da un racconto di W.F. Harvey. Gli anni Sessanta, dal canto loro, lasciano spazio ad altre due versioni, Tha Hands of Orlac (1960) con Mel Ferrer e Christopher Lee, e Hands of a Stranger (1962) di Newt Arnold. Inoltre come non citare la scena finale di A Caça (1963) di Manuel de Oliveira? Un ragazzo affonda nelle sabbie mobili e subito si forma una catena umana di paesani che tentano di tirarlo fuori. Strattona, afferra e spingi, morale della favola il primo contadinotto perde la protesti che gli sostituiva la mano e, urlando come un ossesso “a mão, a mão”, cola a picco nel pantano insieme al moncherino. Da brividi.