La nave delle donne maledette
1953
Nella vasta produzione filmica italiana degli anni ’50 , risalta questo melodramma barocco dalla forte carica eversiva.
XVIII secolo. Per salvare il matrimonio della cugina Isabella, Consuelo viene spinta dai parenti a confessare un infanticidio che non ha commesso. Condannata a dieci anni, viene imbarcata assieme ad altre detenute su un galeone spagnolo diretto alle colonie americane. In seguito ad una sommossa, le “donne maledette” si impossessano dell’imbarcazione dando origine ad orge e banchetti…
All’indomani del secondo conflitto mondiale, il nugolo di film che da subito attirò l’attenzione e i consensi della critica è oggi ricordato come Neorealismo. Per anni, i film realizzati da Visconti, De Sica e Rossellini in poco meno di un decennio (1943 – 1952) hanno oscurato un cinema altrettanto meritevole di attenzione e invece largamente ignorato dalla critica. I melodrammi di Raffaello Matarazzo, in particolare, costituiscono un vero e proprio alfiere del cinema popolare che, a partire dalla fine degli anni Quaranta, aveva contribuito a ristabilire i contatti con gli spettatori italiani. Nonostante le pagine di Gramsci dedicate alla letteratura popolare, la critica del tempo si guardava bene dal difendere i melodrammi di Matarazzo che con il loro successo commerciale avevano contribuito all’affondamento del progetto neorealista.
Tra i film di Matarazzo, particolare attenzione vale la pena di dedicare a La nave delle donne maledette, melodramma barocco dalla forte carica eversiva che affronta il tema dell’ingiustizia attraverso l’eccesso. Erotismo, sadismo e claustrofobia sono al centro di questa pellicola eccentricamente anti-borghese, dichiaratamente schierata dalla parte dei deboli, al cui cupo barocchismo figurativo, contribuisce la splendida fotografia in Gevacolor di Aldo Tonti, dai “colori cupi, netti e forti” (Adriano Aprà). La lontananza storica (il settecento) e geografica (la Spagna) che dà sfondo alla vicenda è in parte responsabile della maggior libertà con cui Matarazzo mise in scena una vicenda così ricca di eccessi, inusuale rispetto ai soggetti dei film precedenti e attaccata dalla critica dell’epoca che privò il film di molte scene, vietandone inoltre la fruizione ai minori di 16 anni. Ma ciò non bastò a far passare inosservata la pellicola! L’originalità della regia nonché gli aspetti esasperati ed eccessivi di questo film contribuirono a raccogliere gli elogi dell’attento gruppo surrealista di Positif (la nota rivista francese) e a trasformarlo in un vero oggetto di culto per la cinefilia più estrema.
Sebbene secondo alcune testimonianze la durata originale delle pellicola fosse di 102 minuti, è circolata per anni una versione di 95 minuti in bianco nero che privava irrimediabilmente la pellicola della dimensione carnale ed emozionale. Ricomposto in digitale a partire dalla versione francese (priva dei tagli della censura), La nave delle donne maledette è stato riportato in vita e riproposto a colori in occasione della 66° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.