La notte dei fiori
1970
La notte dei fiori è un film del 1970, diretto da Gian Vittorio Baldi
Il cono d’ombra nella filmografia di Gian Vittorio Baldi. La notte dei fiori è uno di quei rari casi in cui il film meno visibile di un autore coincide con la sua opera più affascinante e densa, capace di libertà inaudite e flirt col cinema di genere di una raffinatezza stilistica ineguagliabile. Incastrata in una struttura en abyme, con una cornice romana che incapsula il racconto vero e proprio, l’opera maledetta di Baldi, uscita in modo semiclandestino e del tutto irregolare, rielabora certi topoi del cinema horror dandone una versione incantata e avanguardista, dove le musiche sperimentali di Peppino De Luca, con largo uso di voci sussurrate, percussioni minimali e rumoristica assortita, fanno da sottofondo stregonesco costante ad alimentare un’atmosfera continuamente sospesa ed enigmatica. Una coppia di hippie inglesi vagabonda nei pressi dell’Appia antica, tra pecore al pascolo, ruderi romani e una folla di turisti che attende di visitare la tomba di Cecilia Metella. Lei, una paurosamente brava Macha Meril (meglio conosciuta come la Helga sensitiva di Profondo Rosso), sta per partorire; il suo ragazzo, per calmarla, le racconta una storia. Protagonisti di questo sotto-intreccio thriller sono quattro giovani americani riuniti in una villa lussuosissima: Eva (Dominique Sanda), una famosa cantante pop, è circondata dal suo decadente entourage composto da Hiram (Hiram Keller), autore dei suoi testi, George (Giorgio Maulini), il suo press-agent omosessuale, e Micaela (Micaela Pignatelli), una maga con cui all’occasione fare l’amore.
Il tutto all’insegna dell’edonismo più sfrenato, nella più completa libertà sessuale e nell’assoluta mancanza di freni morali. Baldi immerge questa favola nera di La notte dei fiori in un’atmosfera da sogno, velata e concreta al tempo stesso, dove i quattro personaggi ci sono presentati attraverso dinamiche puramente emozionali. Alle prese finalmente con un immaginario “altro”, il cineasta romagnolo, da sempre impegnato in un cinema della realtà di ispirazione documentaria, può dedicarsi interamente all’esaltazione dell’apparato visivo, reso con una cura eccezionale. Completamente privo di estetismi freddi e ricercati, esente da inutili barocchismi, questa sorta di giallo metafisico -nella villa è stato ucciso il giardiniere e il colpevole non può che essere uno dei quattro – è portato avanti da una scrittura continuamente fluttuante, morbida, vellutata, dove la macchina da presa di Gerardo Patrizi funziona come un pennello, tenuta quasi sempre a spalla, a replicare più volte un movimento chiave come la rotazione a semicerchio sul gruppo di personaggi raccolti in uno stesso ambiente.
Baldi dice di essere stato ispirato per La notte dei fiori alla vicenda dall’omicidio di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, ad opera di Charlie Manson e la sua setta; ma se l’elemento sacrificale è presente -tra crudeltà psicologiche di ogni tipo il gruppo arriva in modo spontaneo e quasi casuale all’esecuzione di un rituale macabro che provocherà altre morti- è più in generale l’atmosfera attivata dalla regia di Baldi a mettere i brividi. Impressionante l’inquadratura prolungata, verso il finale, del dettaglio della vagina spalancata di Macha Meril, da cui esce, tra rivoli di sangue e placenta, la testa del bambino nascente. Un’immagine, oggi, persino impensabile…