La polizia chiede aiuto
1974
La polizia chiede aiuto è un film del 1974, diretto da Massimo Dallamano
Nel sotto-filone del bis italiano definito da Claudio Bartolini “polizio-thriller” (unione di poliziesco e thriller), La polizia chiede aiuto (1974) di Massimo Dallamano è una spanna sopra a film pure notevoli come Morte sospetta di una minorenne di Sergio Martino e A tutte le auto della polizia di Mario Caiano. Da non confondere con i più “politici” La polizia ringrazia e La polizia ha le mani legate (inserire “La polizia” nel titolo era una prassi consolidata dopo il film capostipite di Steno), La polizia chiede aiuto codifica le regole basilari del polizio-thriller: la componente thriller a base di “lolite” e prostituzione minorile (Cosa avete fatto a Solange? dello stesso Dallamano) unita con l’indagine poliziesca, sequenze d’azione, omicidi ed erotismo morboso; elementi che la solida regia unisce in maniera più fluida rispetto agli altri esempi del genere (il regista non sbaglia un colpo, qualunque genere pratichi). Scritto da Dallamano insieme a Ettore Sanzò, si svolge nella provincia di Brescia, anche se le indicazioni geografiche sono minime. Tutto ha inizio con il ritrovamento di una ragazzina impiccata, un apparente suicidio che si scopre essere un omicidio: incaricato delle indagini è il Sostituto Procuratore Vittoria Stori (Giovanna Ralli), insieme ai commissari di polizia Silvestri (Claudio Cassinelli) e Valentini (Mario Adorf). Mentre un killer si aggira uccidendo i testimoni con una mannaia, gli investigatori scoprono che la vittima era finita in una rete di giovanissime prostitute diretta da qualcuno nell’ombra e che coinvolge nomi intoccabili.
Trattasi di un film violentissimo e perverso, ricco di dettagli visivi e verbali scioccanti: la ragazza impiccata (il manichino – vistosamente finto – di Sherry Buchanan, che vedremo invece di persona e a seno nudo in un flashback), il corpo del detective fatto a pezzi, la mano di Salvatore Puntillo mozzata in primo piano dalla mannaia, l’autista colpito al collo con abbondanti schizzi di sangue. Insomma, un contorno gore/splatter rasente l’horror, a cui si uniscono le agghiaccianti registrazioni sui rapporti sessuali fra i vecchi porci e le fanciulle e un linguaggio colorito – si parla senza veli di sperma, ano, vagina e di una ragazza sverginata con una bottiglia. Singolare la figura del killer, un motociclista con casco e giubbotto nero che semina terrore e morte con la sua ascia, quasi una rivisitazione del classico assassino argentiano con cappello e impermeabile. Squisitamente thriller sono le due tesissime scene con protagonista il killer, prima in ospedale fra scale e corridoi, poi nel garage quando tenta di uccidere la Ralli, con inquadrature vertiginose (anche in soggettiva) di sicuro impatto; così come da film giallo sono le indagini di polizia e Procuratore, fra indizi, registrazioni e omicidi che si susseguono.
Accanto a questo, convive un solido impianto da film poliziesco: il forsennato inseguimento fra motociclista e auto della polizia, la sparatoria conclusiva, il granitico commissario Cassinelli e la sua collaborazione non semplice con il Procuratore (innovativa la presenza di una donna in questo ruolo), la tensione con la stampa, fino all’amara e topica conclusione in cui il Procuratore Capo (Corrado Gaipa) mette a tacere l’inchiesta perché “certi nomi non si possono toccare”. Oltre ai notevoli protagonisti, da notare i comprimari di lusso: il sempre laido Franco Fabrizi, gli austeri Farley Granger e Marina Berti, l’ambiguo psicologo Steffen Zacharias. Superba infine la colonna sonora di Stelvio Cipriani: al pompatissimo tema poliziesco ripreso da La polizia sta a guardare, si affianca un memorabile pezzo con il coro di voci bianche.