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La principessa sul pisello

1973
Titolo Originale:
La principessa sul pisello
REGIA:
Piero Regnoli

Il nostro giudizio

La principessa sul pisello è un film del 1973, diretto da Piero Regnoli.

La principessa sul pisello è un titolo-mito per intere generazioni di icononauti del bis nostrano; uno degli invisibili italiani più misteriosi e curiosi di sempre, di quelli che non ha visto praticamente nessuno. Girato nel 1973 e uscito pochi giorni nel 1976 prima di sparire definitivamente, vanta il leggendario incasso di settemila lire riportato tanto dal Poppi-Pecorari quanto dal Giusti. In realtà il tristemente noto record negativo andrebbe sfatato una volta per tutte, e la cifra sostituita con quella più verosimile di 2.454.395 lire (la fonte è Platea in piedi, che cita i dati dell’Anica). Comunque una miseria assoluta, 2 o 3 mila spettatori, non molti di più. L’altra approssimazione da sempre perpetrata ai danni del film riguarda il suo inserimento nelle file del decamerotico. Incastro non del tutto appropriato, vista l’ambientazione favolistica sostanzialmente a-storica e l’impianto che prevede una cornice contemporanea da cui si diramano i due racconti fiabeschi. Resta comunque un tono assolutamente sexy-demenziale che lascerebbe interdetto qualunque cultore di pasticci cinematografici.

Si parte con una nonnina simil-pubblicità dell’Ace che per tenere compagnia a un gruppo di battone in attesa di clienti si mette a raccontar loro qualche storiella… La prima è una specie di Cenerentola rivista e corretta in chiave histoire d’O. Ambientato nella Francia libertina dell’Ottocento, l’episodio è tutto un capovolgimento di significanti rispetto alla fiaba per bambini così come la conosciamo. Così, l’incontro tra lei (Susanna Martinkowa) e il principe avviene in un festino orgiastico, mentre allo scoccare della mezzanotte la fanciulla perde i vestiti ritrovandosi completamente nuda. Al posto della scarpetta, Cenerentola deposita nella villa un paio di mutande, che il principe non mancherà di far indossare a tutte le cortigiane locali pur di ritrovare colei cui l’indumento calzi alla perfezione. Condiscono il tutto i dialoghi in puro Piero Regnoli-style, con il principe che chiede a Cenerentola: «Allora… sei proprio una mignotta!»; e lei che conferma: «Si certo, sono una mignotta!». Il secondo episodio va ancora oltre quanto a delirio di messa in scena, concependo una Biancaneve (Christa Linder) che gira seminuda dall’inizio alla fine e che contrariamente alla favola riesce ad avvelenare per prima la matrigna col trucco della mela, questa volta cosparsa di acido lisergico. Non paga, si spinge fino a fregare ai sette nani tutti i loro diamanti, mentre questi ultimi si consoleranno con una nudissima e disponibilissima regina cattiva, appena svegliatasi dal sonno drogato cui l’aveva indotta la figliastra.

Il tutto è innaffiato con dosi massicce di trovatine stracult, a cominciare dai nomi con cui si presentano i nani: Sozzolo, Mosciolo, Fregnolo, Caccolo, Petolo, Minchiolo, Ciucciolo, tutti ovviamente arrapatissimi dalle fattezze di Biancaneve. Come se non bastasse, lo “specchio delle mie brame” assomiglia più ad uno schermo televisivo, su cui ad un certo punto irrompe anche una finta pubblicità del detersivo Pish! Né manca una sequenza fracassona tutta botte da orbi e torte in faccia tra i nani… Insomma, un Regnoli scatenato preso al di fuori di ogni senso estetico, dove la categoria del brutto smette di avere alcun senso. Certo, con battute tipo «Porca Eva», «Porca iva, vuoi vedere che è la finanza?» non si può andare oltre il demenziale, e a lungo andare la ripetitività delle situazioni irrita e può anche annoiare. Quanto alla mia personale delusione, rispetto a un oggetto da sempre così inafferrabile, si riversa tutta nell’assenza della fiaba intitolata proprio La principessa sul pisello, che mi aspettavo di trovare in qualche modo nel film, e che la stessa vecchina cerca di introdurre più volte bloccata dall’uditorio delle sue prostitute che l’hanno sentita già troppe volte… Estrema boutade di Regnoli o semplice effetto del potere paratestuale fin troppo ammiccante del titolo.