La profonda luce dei sensi
1974
La profonda luce dei sensi è un film del 1974 diretto da Beni Montresor.
Il secondo (e ultimo) film di Beni Montresor dopo Pilgrimage è una coproduzione Francia-Italia (una giovane Claire Denis è assistente alla regia): in originale si intitola, più originalmente, La Messe dorée. Il Poppi-Pecorari, schedandolo, parla di una polemica del regista ai danni della versione italiana, manipolata e tagliata. L’unica versione che abbiamo visto è in francese con sottotitoli inglesi, di provenienza ignota: ed è abbastanza rara (e il film è abbastanza strano). Anche perché il veronese Montresor (scomparso nel 2001) ha fatto molto per il cinema italiano: scenografo e costumista negli anni 50 (tra l’altro per I vampiri di Freda e Bava) prima di intraprendere una fortunata carriera internazionale nell’opera lirica, anche come regista. Di un suo gusto macabro e bizzarro sono testimonianza libri illustrati, pubblicati anche da noi. Del suo penchant per l’erotismo è massima testimonianza invece questo film, che tutti i riassunti che ho letto tentano di razionalizzare attribuendo ai personaggi intenzioni assenti dal film (tipo la “ricerca di autenticità”). Di fatto, La Messe dorée è uno di quei film come si potevano fare solo allora, e in cui non succede quasi niente, o per lo meno niente che abbia senso compiuto.
Lucia Bosé e Maurice Ronet (che avrà quattro pose in tutto il film) organizzano un sontuoso banchetto in una villa decadente. I convitati sono tutti giovani e belli. Dopo un pranzo da Grande abbuffata e danze medioevali, tutti si appartano per attività sessuali a uno, due o tre partecipanti. Da notare la Casini che si fa una bionda sotto gli occhi del marito di quest’ultima; e Eva Axen che bacia la propria immagine riflessa, stile Spell. Si intuiscono anche tensioni incestuose tra madre e figlio e padre e figlia. Dopodiché tutti si riuniscono, di punto in bianco, per portare in processione e addobbata come una santa la giovane Axen. Questa viene spogliata, accarezzata e adorata da tutti (un po’ come Sonia Janine nei Prosseneti di Rondi), finché una ragazza coi capelli corti la svergina con le dita. Al che la Bosé dà fuori da matta, sale in camera, e fa una fellatio a suo figlio. Fine del film, con dedica “a mia madre”. Il film si apriva con una citazione di Santa Teresa (“Ansiosa di perdermi in te, desiderio morire”), una ragazza scrive su un piatto “Questo è il mio corpo, mangiatelo tutti”. Una delle poche cose che dice Ronet, in un film quasi senza dialoghi, è «Per noi non c’è nessun Messia».
Senza volere cavare un senso da questo groviglio, è evidente che tira aria di Georges Bataille. Mentre le pose pittoriche degli ospiti seminudi evocano sicuramente le foto di Pierre Zucca per La moneta vivente di Klossowski – una specie di utopia sulla libera circolazione dei corpi, che Montresor sicuramente conosceva. Al di là delle citazioni annusate qua e là, tutto rimane un arabesco onirico dove si sente covare qualcosa di oscuro. Noioso e irritante? A giudizio di chi scrive no. Inafferrabile, si ferma sempre un attimo prima di diventare cialtronesco. E aiutano le musiche di Severino Gazzelloni, flauto su percussioni etniche. Abbastanza spinte le scene erotiche, con accenni di falli eretti, frontali pubici, gocce di sperma: qualcosa dovette cadere sotto le forbici italiane. Quanto alla fellatio della Bosé, non sarà hard, ma va vista per essere creduta. Grandiosamente impari e autodistruttiva. Chissà cosa ne ricorda oggi.