Les 7 jours du talion
2010
In Les 7 jours du talion, di PodZ, ci si chiede se l’altrui dolore possa risarcirci del nostro o se il dolore distrugga e devasti solamente, senza alcuna redenzione…
La storia è questa: la figlia di nove anni di un chirurgo viene stuprata e uccisa da un bruto. Il colpevole lo prendono quasi subito e, a quel punto, il padre trova il modo di sequestrarlo e di torturarlo per sette giorni, facendolo sapere alla polizia. Per liquidare subito i dettagli cruenti, diciamo che la vittima viene, nell’ordine, martellata sulle ginocchia, presa a catenate, poi immobilizzandolo con del curaro, il medico gli apre l’addome e gli devia l’intestino. Quindi lo castra. Tutto, tranne l’ultima pratica, è mostrato senza censure, sotto la luce fredda e grigia di uno chalet mattatoio, dove la carne del condannato assume le tinte livide e giallastre dei cadaveri all’obitorio.
Perché continuiamo a sottoporci al martirio di simili visioni, è un profondo mistero. Masochismo, voyeurismo? Ci fanno male e ci disgustano, eppure siamo ancora una volta qui a scriverne, di queste pellicole che esauriscono la loro utilità nelle discussioni da forum specializzati – pure il nostro, anzi il nostro per primo. Bella fotografia, bravi attori, niente musica, una regia, come dire, sempre diretta, essenziale. Ma è il solito fumo che ci è stato buttato negli occhi decine di volte: mostrare l’immostrabile mettendo a baluardo una coreografia asettica, una corona chirurgica e disinfettata, l’acciaio e il freddo. Dopo Pascal Laugier e Martyrs, la cosa ha, obiettivamente, poco senso. Bisogna dire, però, che ai lati del sentiero maestro del film, qualcosa di interessante c’è: il protagonista, tra una seduta di tortura e l’altra, esce a prendere una boccata d’aria e resta allucinato, ipnotizzato, dal cadavere di un piccolo cervo, che da un lato assume su di sé, per transfert, l’immagine della sua bambina stuprata. Ma dall’altro, in maniera non così ovvia, rimanda alla coscienza dell’uomo, anzi alla sua anima, che va degradando e marcendo come quella piccola carcassa gemmata di sangue. Mi ricorda il leone marino spiaggiato in Long Week-end.
Les 7 jours du talion, che vuol dire “i sette giorni del taglione” cioè della lex talionis, occhio per occhio, dente per dente, è adattato da un romanzo omonimo di Patrick Senecal, che si è anche auto sceneggiato, mentre la regia è di PodZ, alias Daniel Grou, proveniente dai videoclip e dalle serie tv. Prodotto e girato in Québec, sembra abbia rappresentato un piccolo evento della cinematografia locale. Se vi venisse voglia di andarne a caccia nei siti di streaming, non aspettatevi né Un borghese piccolo piccolo, né un torture porn, perché, a parte quelle due o tre scene da teatro anatomico, il film si inviscera in una riflessione macerante se l’altrui dolore possa, per qualche strana via compensativa, risarcirci del nostro dolore o se invece, inflitto o subito, il dolore sia solo caos che si accumula nell’universo e distrugge e devasta, senza alcuna virtù redentiva.
Ecco, l’unica cosa buona è che il film di PodZ è molto laico in questo, nonostante verso la fine gli autori non governino più il meccanismo e gli eventi vadano rincorrendo qualcosa che potrebbe somigliare a una morale.