Lettera H
2019
Lettera H è un film del 2019, diretto da Dario Germani.
Ci sono diverse storie che si incrociano in Lettera H, tutte ostiche da comprimere e troppo complesse da rievocare. Da una parte un’autovettura che non sarà mai soltanto una semplice macchina: la Fiat 127 è stata un simbolo dell’eccellenza industriale italiana, un confronto impietoso per le altre case concorrenti. Ha percorso gran parte del boom economico, dal ’71 fino alla fine degli anni ’80: in poche parole è parte fondamentale della nostra storia, tanto da apparire anche negli angoli più bui di quegli anni. Qui infatti inizia un’altra grande narrazione, quella che per un toscano come il sottoscritto ha tutti i connotati di una fiaba nera troppo vicina nel tempo: i delitti del Mostro di Firenze e il successivo processo ai cosiddetti “Compagni di Merende” sono stati eventi impossibili da raccontare esaurientemente, privi di risposte certe, capaci di lasciare soltanto una nube che nessun esperto di cronaca nera è mai riuscito a diradare. L’aver compreso la terribile incommensurabilità di quei fatti è il primo grande merito di Lettera H. La sceneggiatura scritta da Andrea Cavalletto potrebbe sembrare troppo flemmatica, ma si prende solo i suoi giusti tempi per raccontare i due protagonisti.
Seba e Patty sono due amanti sfortunati, soli contro tutti. Seba ha un passato turbolento, lavora e vive in un’officina; Patty è più giovane, in continuo contrasto con la sua famiglia per la relazione con uomo più grande di lei e dai trascorsi non proprio raccomandabili. Dopo una festa, i due salgono sulla 127 restaurata di lui e vanno ad appartarsi in un bosco fuori città. È qui che, sicuramente, a chi guarda si accenderanno tutte le lampadine, ma i risvolti che seguiranno sono davvero imprevedibili. Il film, diretto con sapiente mano da Dario Germani e fresco vincitore del premio di Miglior Lungometraggio all’Abruzzo Horror Festival, fa abboccare all’amo lo spettatore solo con la paranoia che inizia a serpeggiare tra i due protagonisti. Un meccanismo narrativo automatico che mette sull’attenti chiunque si aspetti la comparsa del convitato, o meglio dei convitati di pietra. Tuttavia il piede non è ancora premuto sull’acceleratore, anche quando le prime sagome cominciano a muoversi nell’oscurità. È da questo momento che Lettera H compie una progressiva quanto incredibile trasformazione che lo porterà ad essere un vero e proprio gioiello, oltre che un horror finalmente dichiarato. Tutto ciò che viene in seguito è un perfetto esempio di tempistica narrativa e crudeltà visiva.
Una sequenza disturbante, dai dettagli macabri e sordidi, è il primo eccellente passo di un’escalation finale che porterà poi al colpo di scena e al violentissimo climax. Si possono spendere parole per i riferimenti cinematografici a cui essi si rifanno, oltre che a quelli appartenenti alla notissima vicenda di cronaca; tuttavia, anche per evitare spoiler, è meglio concentrarsi su considerazioni più generali. Siamo davanti ad un prodotto filmico di qualità, dove le maestranze, tra cui gli effetti speciali di Sergio Stivaletti, fanno la differenza. In Lettera H si ritrova lo spirito e la forza di un cinema piccolo nei mezzi ma enorme nei risultati, in grado di essere quello che è sempre stato chiamato ad essere, ossia una macchina delle meraviglie. Con la volontà, inoltre, di osare, di oltrepassare quei confini che separano tante opere odierne che vogliono solo giocare, facendo l’occhiolino, da una che invece fa dannatamente sul serio e che quel cinema lo ama e lo rispetta.