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L’Innocenza

2023
Titolo Originale:
Monster
REGIA:
Hirokazu Kore-eda
CAST:
Soya Kurokawa (Minato)
Sakura Ando (Saori)
Eita Nagayama (Hori)

Il nostro giudizio

L’innocenza è un film del 2023, diretto da Hirokazu Kore-eda.

Il giapponese Hirokazu Kore-eda torna al lato più oscuro del suo cinema. Dopo un paio di titoli meno riusciti, girati in Francia e Corea del Sud, rientra nel paese e nella zona de Il terzo omicidio, il suo film più bello: la storia di un uomo accusato del delitto che ha confessato, con l’avvocato gradualmente convinto che sia innocente. Da lì ecco una serie di possibilità, di ipotesi rappresentate con continui cambi di prospettiva e sguardo, inscenando proprio graficamente l’omicidio compiuto ogni volta da colpevoli diversi. Una strategia simile, ma non identica, è alla base di Monster, titolo italiano L’innocenza, migliore sceneggiatura a Cannes: al centro c’è il piccolo Minato, un ragazzino che vive con la madre single Saori e frequenta la scuola locale. Tutto normale, nell’alveo di una vedova forse troppo apprensiva, finché Minato non viene ritrovato nei pressi di un bosco sconvolto e con alcune ferite. Interpellato il giovane non risponde, così la madre si convince che c’entri qualcosa il nuovo maestro Hori: il quale lo avrebbe maltrattato, a quanto pare, in più è stato visto in un locale per soli uomini, quindi è per forza un cattivo soggetto.

È un mostro? Chiamato al confronto, che avviene nella rigidità formalità della scuola giapponese, l’insegnante lancia un’insinuazione: Minato ha bullizzato gravemente un bambino più piccolo, Eri, quindi in qualche modo va fermato. È lui il mostro? Ancora non basta: quando incontra proprio Eri, la mamma trova un bimbo che non pare vittima di bullismo, eppure ha un brutto segno di bruciatura sul braccio. Mettiamoci poi che il personale scolastico sembra recitare una messinscena con la donna, e lei stessa viene accusata di aver travisato come accade a tutte le madri single… Insomma, la vicenda diventa sempre più complessa. Kore-eda la racconta ribaltando continuamente la prospettiva, lasciando la storia e riprendendola dall’occhio di un altro personaggio, che a sua volta la integra, chiarisce, riempie le zone d’ombra. È un puzzle che si forma lentamente. L’immagine primaria, da cui si parte e a cui si torna sempre, è un grande incendio che divampa in un palazzo. Attorno a questo si dislocano i vari punti di vista, mantenendo il fuoco come denominatore comune, simbolo di una società che brucia perché incapace di capirsi davvero. L’altro elemento sarà l’acqua, piovana e violenta, nell’alluvione finale che paradossalmente serve a pulire la situazione e mostrarla chiaramente.

Senza dire oltre sulla trama, fondamentale è il leitmotiv che la accompagna: “Chi è il mostro?”, cantano i bambini, e la nenia diviene metafora della continua “mostrificazione” in atto nella comunità nipponica. È una società della rappresentazione, come sottolinea la battuta rivelatrice dalla preside: “Ciò che è successo veramente non ha importanza”. Conta solo come si racconta. In altre parole che sia violenza, abuso sui bambini o bullismo, gli adulti sono sempre pronti a puntare il dito l’uno contro l’altro, in una continua accusa e sfiducia nel prossimo che serve anche a scaricare la propria responsabilità, a guardare l’altro per evitare di vedere. Quello che nessuno capisce è la vera natura del rapporto tra i due bimbi, Minari ed Eri, che è molto diverso da quanto immaginato… Kore-eda è magistrale nell’intrecciare i fili tra loro giocando con detti e non detti, esaltando il potere degli oggetti nell’ambiguità e doppio significato (come una scarpa e un accendigas), sfruttando le suggestioni dell’età di mezzo tra infanzia e adolescenza, dove si può ancora credere di avere un cervello di maiale. Un gran film mosaico, il cui mistero da sciogliere sta nel pregiudizio sociale davanti alle vere oscillazioni del cuore. Chi non capisce l’altro è l’unico mostro.