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Long Distance

2024
Titolo Originale:
Distant
REGIA:
Josh Gordon, Will Speck
CAST:
Anthony Ramos (Andy Ramirez)
Naomi Scott (Naomi Calloway)

Il nostro giudizio

Long Distance è un film del 2024, diretto da Josh Gordon e Will Speck.

Ci sono film che, per motivi assai differenti e spesso ignoti, saremmo tentati di saltare a piè pari; almeno fino quando, dal profondo della nostra cinefila coscienza, una vocina di godardiano lignaggio non riemerge per ricordarci come tutti, nella vita così come nel cinema, abbiano diritto ad una possibilità. E nonostante ad un primo colpo d’occhio Long Distance possa apparire tutt’altro che degno di nota, giunti ai titoli di coda ci si rende conto con stupore di quanto intrattenimento, idee e soprattutto cuore siano racchiusi nei suoi sani e snelli novanta minuti. Che tuttavia l’idea di sci-fi proposta da Josh Gordon e Will Speck non sia nulla di così effettivamente innovativo lo si poteva intuire sin dalle primissime battute, le quali ci introducono all’ennesima storiella di un povero naufrago spaziale (un simpaticamente stralunato Anthony Ramos) rovinato, a causa dell’ennesima malaugurata tempesta di asteroidi, sull’ennesimo inospitale pianeta popolato dagli ennesimi ragniformi alienacci del malaugurio; costretto a far ricorso a tutto il proprio già labile coraggio e al servizievole quanto irritante aiuto di un’intelligenza artificiale (con la voce originale del buon Zachary Quinto) in grado di guidarlo verso il salvataggio dell’unica altra sventurata superstite (una Naomi Scott quasi interamente in modalità voce-off).

Tutto farebbe dunque pensare all’ennesimo prodottino di serie B (o addirittura Z) senza arte né parte né tantomeno un briciolo di perché. E invece, ma guarda un po’, Long Distance di personalità ne possiede eccome; pur senza lanciarsi in registici voli pindarici né tantomeno voler nascondere la propria evidente natura derivativa. Pescando di tutto un po’ dai vari The Martian, Alien, Passengers, Aniara, dal recente Atlas e, strano ma vero, pure un tantinello dal bistrattato After Earth di shyamalaniana memoria, i nostri due cine-amigos tirano in piedi una space adventure a basso costo ma ad alto tasso di coinvolgimento, per giunta dotata di una cura per la componente effettistica e di messa in scena che, sinceramente, mai ci si sarebbe aspettati in un prodotto del genere. Tenere desta l’attenzione per un’intera oretta e mezza seguendo l’odissea di uno spaurito tecnico minerario intento a lasciare il disastrato punto A per raggiungere, dopo mille peripezie, il fatidico punto B imbastendo nel mentre pure una bella chiacchierata in differita sullo stile del ben noto Gravity non è certo robetta da poco.

Ancor meno semplice è dosare azione, umorismo e un pizzicorino di horror all’interno di un setting che, per mood e intenzioni, non può che richiamare alla mente l’ombroso universo di Pitch Black così come le più tipiche dinamiche di un qualsiasi prodotto videoludico. Ed è forse per questa sua natura così semplice e al contempo così ricca di carne da far macerare sul fuoco –con anche un certo retrogusto naif tutt’altro che stucchevole– che Long Distance riesce a fare onore al proprio titolo e, per l’appunto sulla lunga distanza, a carburare lentamente ma con tenace costanza, al punto da far dimenticare i propri eventuali limiti di budget o, a volte, di plot twist. D’altronde, quando tra le mani – anzi, su Prime Video – ti ritrovi una fantascienza semplice, onesta e senza troppi fronzoli, al netto di qualche déjà-vu e di una regia non sempre al passo con le potenzialità offerte dal racconto, ciò che di buono si riesce a cavar fuori da aracnidi extraterrestri, bubusettete mummificati e qualche pallido accenno di love story ad onde lunghe è, come si suol dire, tutto grasso che cola, giusto?