L’uomo nel bosco
2024
L’uomo nel bosco è un film del 2024, diretto da Alain Guiraudie.
Miséricorde si è imposto all’attenzione della critica internazionale alla fine del 2024, quando è stato eletto film dell’anno dai Cahiers du Cinéma: una scelta a sorpresa della storica rivista che fa da Mecca alla critica più autorialista, e che ha rilanciato con forza il film di Alain Guiraudie. Il quale era passato
a Cannes abbastanza sotto silenzio, e arriva nelle sale italiane il 16 gennaio 2025 distribuito da Movies Inspired. Sul premio dei Cahiers, dirà il lettore nocturniano, chi se ne frega? Anzi al contrario rischia di essere attestato di un presunto “cinema alto” che da sempre non esita a mortificare il genere; e invece… Invece L’uomo nel bosco è davvero un gran film, che non può e non va interpretato alla luce degli allori che riceve, ma ovviamente in se stesso. Perché basta a se stesso, e vedere cosa c’è dentro restituisce automaticamente la sua potenza. Il protagonista è Jérémie (Félix Kysyl), un uomo che dalla città torna nel piccolo centro di Saint-Martial per il funerale del panettiere, suo antico datore di lavoro, e qui reincontra alcuni personaggi del passato. In premessa, visivamente, siamo avvertiti che qualcosa non va: mentre seguiamo il percorso di ritorno dalla soggettiva dell’auto, infatti, le musiche gravi e strategiche di Marc Verdaguer producono già uno slittamento, dicono che c’è qualcosa di strano ancora prima di cominciare.Jérémie viene accolto dalla vedova Martine (Catherine Frot), che lo invita a fermarsi una notte in casa sua, senza ripartire subito dopo le esequie: l’ospitalità si prolunga per alcuni giorni. Il figlio di lei, Vincent (Jean-Baptiste Durand), è un amico d’infanzia del protagonista e lo riabbraccia, lo tocca letteralmente, graficamente, perché i due hanno un rapporto fisico di scherzi, giochi, lotte che appare subito piuttosto ambiguo. Dall’altra parte c’è il solitario Walter (David Ayala), un paesano che ben conosce Jérémie, e soprattutto il parroco del villaggio Philippe (Jacques Develay), all’apparenza mite, silenzioso e saggio, che rivela gradualmente una natura molto diversa. Se vogliamo rinchiuderlo nella gabbia dei generi, L’uomo nel bosco è un noir: dedicandosi al principale passatempo di provincia, andare nel bosco a cercar funghi, Jérémie si scontra con Vincent – accusato di provarci con la madre – e la contesa sfocia in una lite violenta nella quale lo uccide. Seppellisce il cadavere nel bosco. Vincent è ufficialmente scomparso. Questa sparizione innesca il mistero e apre una nuova fase del racconto, sparigliando i rapporti tra personaggi all’insegna di una dinamica erotica: tutti i corpi, maturi e cadenti, ruotano attorno al corpo di Jérémie, che seduce e viene sedotto. Ecco perché il noir è riduttivo: davanti a un tale congegno la gabbia va aperta e il film va fatto respirare, perché il suo passo è quello della libertà espressiva.
Da una parte Jérémie è una figura teoremica, come il Visitatore nel film di Pasolini, un uomo senza presente e senza legami (non ha figli e si sta lasciando con la compagna), un angelo del disturbo che torna nel microcosmo e lo sovverte; dall’altra egli si cala nell’intrigo della provincia francese alla maniera di Chabrol, un paragone che però il regista rifiuta (“La sua vena canzonatoria mi mette a disagio”), insistendo piuttosto sull’idea di misericordia. Bisogna quindi tornare al titolo originale per intravedere il senso: miséricorde è la necessità di comprendere l’altro nelle sue asperità e imperfezioni, ma non va inteso come concetto retorico bensì come prassi concreta, materica, gettata nel fango dell’esistenza. Ecco allora che Jérémie ci prova con tutti e tutti ci provano con lui, compreso il magnifico personaggio del curato che rovescia radicalmente la morale consolidata: bisogna davvero punire chi uccide? A cosa serve in ultima istanza? Possono le regole scandire la vita? Alain Guiraudie, regista dell’imprevisto e dello spiazzamento, dopo Lo sconosciuto del lago trova un altro luogo di sospensione, un bosco, una selva in cui si dissolve ogni etica e spunta come un fungo una nuova ipotesi di vivere la vita. Senza troppe pippe mentali, però, e senza trovarci quello che c’è, L’uomo nel bosco è uno dei film più imprevedibili degli ultimi anni: quando pensi che stia andando in una direzione improvvisamente cambia strada, sguscia come un serpente, si rivolta. A un certo punto diventa davvero impossibile indovinare cosa avverrà nella scena successiva. Ed è coraggioso, anche: non c’è altro modo per definire il fotogramma che mostra un prete nudo con un lungo pene. Un film sul mistero buffo del desiderio.