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Madame Ida

2024
REGIA:
Jacob Møller
CAST:
Christine Albeck Børge (Madame Ida)
Flora Ofelia Hofmann Lindahl (Cecilia)
Karen-Lise Mynster (Alma)

Il nostro giudizio

Madame Ida è un film del 2024, diretto da Jacob Møller.

Presentato in concorso alla 42esima edizione del Torino Film Festival, il primo lavoro di Jacob Møller, Madame Ida è un promettente inizio che pare ammiccare ai lavori di Ingmar Bergman, al lavoro di logorazione psicologica e al contempo di costruzione che applicava alle sue protagoniste. Qui abbiamo tre donne: Cecilia (Flora Ofelia Hofmann Lindahl) una quindicenne orfana che, rimasta incinta, viene spedita a casa di Madame Ida (Christine Albeck Børge) desiderosa di adottare il figlio di Cecilia una volta partorito e, infine, la serafica domestica Alma (Karen-Lise Mynster) che osserva le dinamiche della casa in equilibrio da raziocinio e intelligenza emotiva. Abituata a una vita di abusi (il custode dell’orfanotrofio l’ha messa incinta) e con una carica di rabbia repressa pronta a esplodere Cecilia, inizialmente diffidente, si lascia conquistare dai modi affabili di Ida che, come lei, sembra alla ricerca di un amore che riempia un vuoto che infesta ogni angolo della casa. Dai continui complimenti ai giochi, dall’insegnarle a ballare così come a sparare, Ida è un personaggio febbricitante, quasi ridicolo nella sua infelicità che manifesta in una sorta di alcolismo e in una voglia di vivere che non sconfina mai i muri di casa.

Così Cecilia e Ida sviluppano un rapporto se non tra madre e figlia almeno tra sorelle, e mentre il parto si avvicina così – come il rientro nell’istituto – il rapporto tra le tre donne lascia sottendere la possibilità di un riscatto in questa Danimarca così cupa. Sono gli anni ’50, ma potrebbero essere anche gli anni ’50 dell’Ottocento da tanto è asfittica l’atmosfera, così come angoscianti sono alcuni dei personaggi tagliati -psicologicamente – con l’accetta (escluse le tre protagoniste); sembra non ci sia possibilità di riscatto per Cecilia in un paese che sembra così arretrato mentre il mondo va avanti. Alla nascita della bambina, Olivia, Ida diventa scostante nei confronti di Cecilia che assume nei confronti della sua stessa figlia un senso di astio, causa della deprivazione dell’unico amore che ha mai conosciuto nelle vesti della padrona di casa. Mentre Ida sembra pronta a disfarsi di Cecilia, Alma – anche lei cresciuta in un orfanotrofio – si oppone con la sua solita flemma: nel mondo scombinato di Ida fatta di solitudini importanti e vizi, Alma è l’unica legge morale che le si pone davanti.

Madame Ida nei momenti migliori ha un ottimo gioco tra le parti di tre donne distrutte – ognuna o modo suo -, in un gioco à la Sussurri e Grida, dove qui il morto c’è stato e colei da accudire e proteggere è una neonata; sembra un mondo dove gli uomini impotenti – se non puramente nel coito – sottostanno alle leggi di donne isteriche e violente, affamate di affetto ed erose da opprimenti solitudine e contraddizioni che non trovano del tutto una spiegazione. Per quanto rimanga una più che buona opera prima, il dramma di Jacob Møller non ha il dono della compenetrazione psicologica, delle sfumature e dei labili confini tra le protagoniste dei film di Bergman; un tentativo c’è, soprattutto tra i due caratteri instabili di Cecilia e Ida che, forse, troppo si somigliano, lasciando le sorti di una famiglia appena creata ma già allo sbando al silenzio di Alma (come in Persona). Madame Ida porta all’attenzione del pubblico Jacob Møller, sicuramente un autore da iniziare a seguire soprattutto grazie alle interpretazioni delle tre protagoniste (premiate giustamente al Torino Film Festival), ma non ha ancora la forza per indagare le pieghe più bieche dell’animo umano.