Mercoledì
2022
Mercoledì è una serie tv del 2022 creata da Alfred Gough e Miles Millar
“Sic gorgiamus allos subjectatos nunc” è il motto, in latino maccheronico, della famiglia, dopo i Kennedy, più famosa e ambigua degli Stati Uniti, gli Addams. Creata nel 1938, per il New Yorker, dal fumettista Charles Addams, La famiglia Addams è stata soggetto di copiose trasposizioni cinematografiche, l’ultima è frutto dell’unione fra Netflix e Tim Burton; ideato da Alfred Gough e da Miles Millar, lo show sceglie come protagonista il personaggio più iconico fra gli Addams, quello che, forse, più degli altri, incarna il motto della famiglia, si tratta di Mercoledì, giovane e cinica figlia di Gomez e Morticia. Nello show targato Netflix, Mercoledì Addams (Jenna Ortega), che nelle precedenti trasposizioni era poco più di una bambina, è ora un’adolescente costretta dai suoi genitori, a causa di sinistri trascorsi negli istituti precedenti, a trasferirsi in un’altra scuola, la Nervermore, frequentata a loro tempo anche dagli Addams senior. La Nevermore è una scuola dalla storia centenaria che accoglie tutti i reietti della società. Qui, nonostante l’iniziale ostinazione nel rifiutare l’imposizione dei suoi genitori e l’esposizione, ancora una volta, al ludibrio dei suoi coetanei, inetta tra gli inetti, Mercoledì troverà presto un’ottima ragione per non abbandonare la Nevermore: il mistero celato dietro una serie di efferati omicidi che tiene Jericho, la città che ospita l’istituto, sotto scacco. Nel corso degli otto episodi, il costante compagno di viaggio di Mercoledì, già noto agli affezionati della Famiglia, è Mano (Victor Dorobantu), un dottor Watson, tanto macabro quanto fedele e astuto, infaticabile servitore della giovane detective in bianco e nero. Si avvicendano, invece, sulla scena, quasi come fossero delle guest star, le altre figure della vita di Mercoledì: Gomez Addams (Luis Guzman) Morticia Addams (Catherine Zeta-Jones) e Zio Fester (Fred Armisen) che, intenzionalmente o meno, aiuteranno la protagonista ad approssimarsi alla risoluzione del caso; si tratta di intelligenti e ponderate intrusioni che ruotano, insieme con i personaggi frequenti, attorno all’indagine di Mercoledì, raggiungendo e abbandonando il palco a passo lento e leggero.
Ed è con passo lento e leggero che procede l’intera storia a cui ci si affeziona gradualmente, senza mai, a onor del vero, appassionarsi troppo. Mercoledì è un dark mistery sovrannaturale che, a dispetto di quanto promesso dal trailer, dai connotati – almeno apparentemente – più orrorifici, disattende in qualche modo le aspettative, trasformandosi in qualcos’altro che, tuttavia, non è qualcosa-d’altro necessariamente deludente. Insomma, un dark mistery non abbastanza dark e, soprattutto per il pubblico più perspicace, non sufficientemente misterioso: anche i colpi di scena che alloggiano a ridosso della linea di confine fra il pronosticabile o l’imprevedibile, sono fermamente più vicini all’”intuibile” piuttosto che al “sorprendente”. In taluni casi, però, rari e solo se affidati a mani sapienti come quelle di Tim Burton, il racconto potrebbe contare un po’ meno rispetto al “come” lo si narra: Burton è in ogni elemento che lo schermo ci concede di cogliere, in ogni dove invoca dettagli, colori, luci e suoni della sua intera storia cinematografica. Il budget investito nella realizzazione dello show è riscontrabile fin dal principio, il lavoro registico è eccellente e Mercoledì si rivela essere un personaggio creato per essere raccontato da Burton che in questo caso, come in diversi altri, ha potuto contare sull’interpretazione di un’ipnotica Jenna Ortega, abilissima nello spegnere il suo sguardo, spogliare il suo volto di ogni espressione, far percepire sorrisi solo accennandoli e annunciare la sua evoluzione emotiva attraverso il ricorso ai due soli strumenti autorizzata a portare in scena: un portamento lugubre e incolore e un volto asettico e fiero.
Fedelissima al personaggio dei fumetti e alle rivisitazioni cinematografiche, la Mercoledì entrata a gamba tesa nel mondo di Netflix esaspera il suo pubblico e lo scompone: conquista il suo tifo ma non la sua empatia, dimostra di crescere ma non fino in fondo. Ma la verità è che chi non riesce a immedesimarsi e a riconoscersi in Mercoledì non dovrebbe far altro che invidiarla. Quanto saremmo tutti infinitamente più felici se fossimo in grado di ignorare i giudizi degli altri? Sarà anche che la Mercoledì di Tim Burton è una miscela letale fra la più oscura fase della pubertà di Joy Potter e la molesta saccenza di Hermione Granger, ma, anche per questo, funziona; e , in generale, l’intero show è un condensato di tutti i teen drama degli ultimi 20 anni che defraudato dei suoi elementi sovrannaturali perderebbe ogni appeal, ma, nonostante ciò, anche in questo caso, funziona. Sarà perché a volte si ha la sensazione che da uno dei corridoi della Nevermore si possano intravedere Harry e Ron correre affannosamente perché in ritardo per la lezione di difesa contro le arti oscure, ma, decisamente, Mercoledì non è una serie tv per adulti, e di sicuro non lo è per gli amanti degli horror movie; malgrado ciò, bisogna riconoscere che Mercoledì, perseguitato personaggio freak tra i freaks, resta fedele a se stessa, ostinata nel rifiutarsi di mettersi al passo con i tempi e di omologarsi ai suoi coetanei, scrive il suo romanzo su una datata macchina da scrivere e combatte contro una famiglia che, per quanto sui generis, incarna i cliché della società patriarcale. E quindi, in una dimensione che ci insegna a ignorare gli haters purché si possa contare su 100 mila followers, Mercoledì ci obbliga a ignorare anche quei 100 mila, perché il problema non è il cattivo giudizio, ma il giudizio in sé. Quindi si, non è una serie per chi ha già vissuto tutta la vita nel tentativo di piacere agli altri, ma per chi è ancora in tempo per cogliere la più grande lezione esistenziale che si possa mai imparare: fregarsene; esattamente quello che farebbe Mercoledì con il pubblico di Netfilx che non ha saputo apprezzarla.