Messalina, Messalina!
1977
Per parlare di Messalina Messalina! Bisogna, per forza di cose, citare Io Caligola di Tinto Brass. Già, perché Franco Rossellini, il produttore del famoso e travagliato film del regista veneziano, per recuperare parte dei quasi dieci milioni di dollari spesi, si accorda con Luciano Martino della Medusa per liquidare i set costruiti per Io Caligola nonché i relativi costumi creati da Danilo Donati. Questi, però, si dissocia dall’operazione di riciclaggio e la Medusa si trova costretta a scrivere, all’inizio e alla fine di Messalina Messalina!, la seguente didascalia: “Nella realizzazione del film sono stati utilizzati elementi delle opere di scenografia, costumi e arredamenti ideati da Danilo Donati per il film Caligola senza il consenso dello stesso Donati”. In poco tempo, gli sceneggiatori Amendola e Corbucci approntano il “nuovo” copione, in ottemperanza agli ordini impartiti da Martino: ne esce fuori una commedia romanaccia, volgarissima e spinta, di ineguagliabile fattura, con tanto di finale splatter, dal cast nutrito e bizzarro. Il ruolo di protagonista è affidato all’americana Anneka Di Lorenzo, allora vedette della rivista per adulti Penthouse. La bellissima Di Lorenzo, Marjorie Lee Thoreson all’anagrafe, aveva già preso parte al film di Brass, girando anche scene hard-core, così come Lory Kay Wagner, che in Messalina Messalina! impersona Agrippina. Ovviamente, la mignottissima imperatrice va a letto con tutti, all’insaputa del marito Claudio (un flatulento e balbettante Vittorio Caprioli), che la crede pia e devota. L’unico che le resiste è Caio Sillo (Giancarlo Prete), che vorrebbe averla in sposa (pensa un po’…). C’è Bombolo vestito da centurione che se ne va in giro per Roma a cercare maschi ben dotati da portare all’insaziabile imperatrice; non lesinando certo commenti insulsi e volgari sul suo incarico e sulla scarsa virilità di alcuni cittadini ai quali ha controllato “la mercanzia”. In abiti romani troviamo anche, tra gli altri, Sal Borgese, Ombretta De Carlo, Luca Sportelli e l’americano Taylor Mead, amico di Milian e attore della factory di Andy Warhol.
Mentre i romani passano il tempo tra insensati discorsi politici, pranzi, danze e dissolutezze, la gente del popolo si barcamena tra conti dell’osteria e mercatini rionali. È ovviamente nella suburra e nell’osteria che troviamo Tomas Milian, più truce e parolacciaro che mai, nei panni di Baba, che recita stornelli e parafrasi al popolo un po’ come in La banda del trucido. Si prende gioco del povero Lino Toffolo capitato nella suburra (e anche sul set) per chissà quale motivo, così come del povero oste Seio (Franco Anniballi), costretto suo malgrado a fargli credito. Nella suburra riconosciamo, tra gli altri, Luciano Bonanni, Domenico Poli, Ennio Antonelli, Mario Donatone e l’abitualmente traballante Jimmy Il Fenomeno, quasi tutti clienti dell’osteria. Messalina Messalina! è praticamente tutto qui; scorre via, in compagnia delle belle musiche dei fratelli De Angelis, tra parolacce abbastanza gratuite, scene di amplessi, generosi nudi offerti dalla Di Lorenzo e qualche idiozia proposta da Vittorio Caprioli e dai suoi sudditi.
Il momento più spassoso è quando a Milian/Baba viene fatto credere di essere l’imperatore e portato, nel sonno, a palazzo: un po’ quello che succede a Gasperino/Alberto Sordi nel famoso Il marchese Del Grillo di Monicelli. È qui che si scatena Milian con tutta l’energia del suo linguaggio triviale e, ovviamente, non può mancare la scena di sesso tra lui, ormai imperatore, e l’imperatrice ninfomane. Quando finalmente Calpurnia (Sandra Cardini) rivela all’imperatore la scarsa fedeltà della moglie, Claudio ordinerà una strage che non risparmierà nessuno. Un’ecatombe finale che viene messa in scena da Corbucci con sbalorditivi e insistiti effetti comico-splatter di sgozzamenti e amputazioni di ogni sorta. Si salveranno, logicamente, sia Messalina che Baba, che diventerà il suo magnaccia. Messalina Messalina! non è un bel film, ma stupisce per la quantità di nudi gratuiti, per il finale sanguinolento e per la marea di parolacce che a volte appaiono decisamente forzate. La censura lo sforbicia in più punti e riesce a uscire nelle sale, con il divieto ai minori di 18 anni, l’11 agosto del ‘77, una settimana prima di La banda del Gobbo. Quest’ultimo incasserà ciò che vorrà, al contrario del film di Corbucci che sparirà presto dalla circolazione.