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Never let go – A un passo dal male

2024
Titolo Originale:
Never Let Go
REGIA:
Alexandre Aja
CAST:
Halle Berry (Momma)
Percy Daggs IV (Nolan)
Anthony B. Jenkins (Samue)

Il nostro giudizio

Never let go – A un passo dal male è un film del 2024, diretto da Alexandre Aja.

Vieni, c’è una casa nel bosco. Tanti horror iniziano così, e anche una canzone. Questo Never let go – A un passo dal male, però, parte benissimo, con un jumpscare che non ti aspetti (e che poi torna nella narrazione entro la prima mezz’ora), un’atmosfera inquietante e un concept forte. La casa è una roccaforte in un mondo devastato, genericamente, “dal male”. Da questa casa, tre lunghe corde si estendono verso l’esterno, collegandola con ciò che rimane del mondo circostante. Per una madre e i suoi due figli, queste corde rappresentano molto più che semplici legami fisici: sono l’ultimo baluardo di protezione contro il Male – ma sì, aggiungiamo una maiuscola – che ha preso il controllo del mondo esterno, sterminando l’umanità. La madre ripete costantemente che lasciare andare quelle corde significherebbe cadere preda delle forze oscure, e spinge i suoi figli a credere che, se lo facessero, sarebbero condannati a uccidersi a vicenda. Il figlio più piccolo, però, comincia a nutrire dei dubbi. A differenza della madre – Halle Berry, anche produttrice – lui non vede le stesse visioni, non percepisce lo stesso terrore, e si ritrova a chiedersi se non sia solo una costruzione mentale della donna per tenerli sotto controllo.

Questo dubbio inizia a consumarlo, spingendolo a una tentazione pericolosa: tagliare la corda e scoprire cosa accadrebbe. In fondo, è quello che tutti i figli, crescendo, hanno bisogno di fare: rischiare con la propria pelle, sbagliare, se necessario, ma farlo per conto proprio, e poi ci sono i morsi della fame a spingerlo ad andare più in là. Una fiaba nera moderna, un racconto destabilizzante che esplora i temi dell’isolamento, della paranoia e delle dinamiche familiari. Nei suoi momenti migliori, il film ricorda un po’ Stephen King, un po’ Shyamalan, fondendo tensione psicologica e orrore puro. Ma a fare più paura di tutto è il feroce e crudele legame che unisce la madre ai suoi figli: un amore distorto che porta la donna a infliggere dolore ai suoi bambini per proteggerli, tra un pranzo a base di corteccia e terrificanti racconti sul mondo circostante. Purtroppo, dalla palpabile tensione dei primi minuti, il film diretto da Alexandre Aja ha un ritmo claudicante: l’ambientazione boschiva trasmette un senso di oppressione e isolamento, potenziata dall’ostilità della natura.

Kevin Coughlin e Ryan Grassby hanno scritto la sceneggiatura durante il lockdown del Covid, e si vede. Ma c’è molta carne al fuoco: un’analisi delle dinamiche familiari distrutte dall’isolamento forzato, un ritratto dell’ossessione e un invito a non fuggire dal mondo reale, per quanto esso possa essere brutale. Resta potente la simbologia della corda, che parrebbe un riferimento al cordone ombelicale che lega i figli alla madre, e che va reciso, anche a rischio della propria incolumità. Il film evita gli aspetti più viscerali dell’horror, ma al contempo non riesce ad abbracciare completamente le atmosfere caratteristiche del genere, restando sospeso in un territorio incerto tra il non aver osato abbastanza e l’aver tentato troppo. Sebbene gradevole e intrigante, la pellicola tende a lasciare troppi punti in sospeso, rischiando di risultare insoddisfacente.