Nudi per vivere
1964
L’industria dell’erotismo attraverso numeri di varietà e sketch ripresi nei night-club e nei locali gay di Parigi…
Una sorta di inchiesta sociologica in cui non mancano la messa in scena dei peccati della Ville Lumière e qualche avventuroso incontro con i loschi figuri che si aggirano per le sue strade notturne…
Il successo commerciale ottenuto dal documentario Europa di notte (Alessandro Blasetti, 1959), fiacco film-inchiesta sui locali notturni europei, aprì la strada al documentario volutamente scandaloso che prese il nome di mondo movie, termine che deve la propria origine al titolo del documentario Mondo Cane (Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara, Franco Prosperi, 1962), un collage di immagini violente e shockanti che ottenne un clamoroso successo in tutto il mondo. Tra i molti registi che si cimentarono con il genere vi fu anche Elio Montesti, regista immaginario dietro il quale si celano Elio Petri, Giuliano Montaldo e Giulio Questi.
Proprio di quest’ultimo era stata l’idea di realizzare un documentario sull’industria dell’erotismo e per abbassare i costi di produzione i tre registi si suddivisero il lavoro, alternandosi conpiccole troupes che si davano il cambio, giorno e notte ininterrottamente, in modo da contenere la realizzazione in non più di una ventina di giorni. Salvo qualche imprevisto (Giulio Questi impiegò tre giorni per le riprese alla tomba di Baudelaire in quanto non era soddisfatto della luce) le riprese si conclusero nei tempi previsti.
Ricorda Giulio Questi: “Un paio di mesi dopo ci fu la prima uscita del film a Catania. Alla chiusura notturna del botteghino di quel primo giorno, ci telefonò il distributore comunicandoci un incasso favoloso. Fummo ricchi per una notte. La mattina dopo un telegramma ci informava che il film era stato sequestrato dalle autorità giudiziarie. Ne seguì un processo. Secondo la legge del tempo l’incriminato era il produttore. Se la cavò con la condizionale. Ma non il film, che fu condannato a morte: distruzione del negativo.” E fu proprio così, di Nudi per vivere non rimase che la cenere fino a quando, in tempi recenti, fu ritrovata una copia presso la Cineteca Nazionale: era la copia della Commissione Censura archiviata dopo la sentenza. La proiezione pubblica all’interno della retrospettiva “Questi Fantasmi 2: cinema italiano ritrovato” alla 66a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia lo ha riportato in vita!
Ciò che più colpisce rivedendo oggi Nudi per vivere è la facilità con cui è possibile tessere un filo comune con il capolavoro buñueliano Bella di giorno (Luis Buñuel, 1967). Escludendo fin da principio la possibilità che Luis Buñuel abbia visto questo singolare mondo movie, è inevitabile cogliere la sottile ironia e il geniale distacco con cui si affronta e si racconta l’universo erotico parigino, segno evidente che Buñuel ed Elio Montesti hanno attinto dallo stesso immaginario. A differenza di quanto si possa pensare – e in contraddizione con il divieto ai minori di 18 anni imposto dalla censura del tempo – Nudi per vivere è un film decisamente innocuo, quasi tenero, un innocente documentario dalla tipica struttura a episodi accompagnato dal solito commento falsamente moralista (scritto da Giancarlo Fusco che pensò anche al titolo). Da citare, la curiosa colonna sonora di Ivan Vandor e le fugaci apparizioni di Chet Backer e Nancy Holloway nel ruolo di se stessi.