Occhi senza volto
1959
Occhi senza volto è un film del 1959 diretto da Georges Franju.
Il dottor Genessier (Pierre Brasseur) rapisce e uccide delle giovani donne nel disperato tentativo di restituire tramite un’operazione di chirurgia plastica la bellezza a sua figlia Christiane (Edith Scob), rimasta sfigurata a causa di un incidente causato dallo stesso dottore, e costretta a portare una maschera bianca pur di non confrontarsi con la sua faccia. Aiutato dalla fidata amante-assistente Louise (Alida Valli), Genessier si lascia alle spalle diverse vittime, dopo che i primi esperimenti, non solo sulla figlia, ma sui tantissimi cani tenuti segregati nelle gabbie, daranno risultati fallimentari. Christiane deciderà così di mettere fine ai mostruosi esperimenti del padre, con un finale sospeso, potente ed evocativo, che non si dimentica facilmente. Occhi senza volto è il secondo lungometraggio del regista francese Georges Franju. Risultato di una coproduzione francese-italiana, è liberamente tratto dall’omonimo romanzo noir di Jean Redon, adattato da Boileau-Narcejac e Claude Sautet. Precursore di tantissimo horror chirurgico, Les yeux sans visage è un viaggio nell’orrore della scienza che tenta di fermare il tempo e sostituirsi alla natura.
Se oggi il tema affrontato da Franju, intriso di surrealtà e lirismo, non risulta tanto nuovo nella cinematografia dell’orrore, negli anni sessanta il film destò non pochi incubi, scontrandosi persino con le maglie della censura (scene tagliate poi aggiunte nella corrente versione in dvd). Franju, attraverso il bianco-nero di Eugen Schüfftan, e con l’aiuto delle musiche trasognate di Maurice Jarre, scava dietro le maschere degli uomini, rivelando orrori e miserie dell’anima; la pelle umana, involucro che cela orrori inenarrabili, brandelli di carne che tentano di mostrare ciò che non è possibile vedere ad occhio nudo. Franju si serve del potere dello sguardo per scavare a fondo, non solo dietro la maschera della protagonista Edith Scob, ma anche negli occhi, ambigui e magnetici della Valli e di Brasseur. Considerato ormai un classico dell’orrore, Occhi senza volto è un esempio di fanta-medicina che scava a fondo nella carne dei protagonisti e sfida l’occhio ad andare ben oltre la realtà: Franju non si limita a raccontare l’orrore del mad doctor Brasseur-Genessier, ma si insinua con precisione chirurgica nei corpi dei suoi personaggi, restituendo un’umanità fragile, disperata nei suoi vani tentativi di sostituirsi al corso naturale – e perché no, mortifero – delle cose.
La scienza è il vero orrore – Friedkin e Cronenberg andranno persino oltre nel tentativo di dare alle loro opere più famose la stessa visione ospedaliera dell’orrore. Il cinema di Franju, suggestivo e lirico, ha ispirato e continua a ispirare registi che proprio da Occhi senza volto, si sono lasciati sedurre, citando più o meno spudoratamente il classico del regista francese. Da Il diabolico dottor Satana (1962) di Jess Franco, che calca la mano sugli aspetti violenti e orrorifici, a La pelle che abito (2011) di Pedro Almodovar, da Holy Motors (2012) di Leos Carax – dove troviamo tra gli altri la Scob di nuovo mascherata – fino al capolavoro di Veronika Franz e Severin Fiala, Goodnight Mommy (2014), che riprende, seppure in una storia differente e di ispirazione kristófiana, il tema del sé in una nuova pelle, sfigurata non solo dal passato, ma da un presente senza tempo e senza futuro, dove negli occhi, scoperti e penetranti, è possibile intravedere il pallido bagliore della morte.