Per Elisa – Il caso Claps
2023
Per Elisa – Il caso Claps è una miniserie del 2023, diretta da Marco Pontecorvo.
Prima o poi doveva succedere: la morte di Elisa Claps è stato uno dei casi più clamorosi della Storia recente, avvolto in circostanze oscure, in una nebbia fitta che non si è mai diradata del tutto e dura anche adesso. Doveva succedere che qualcuno trasformasse la vicenda in rappresentazione, stavolta uscendo dall’ibrido tra documentario e finzione del True Crime, e riparando sulla più classica forma finzionale, quella della fiction Rai. Al timone c’è Marco Pontecorvo, figlio di Gillo, regista che opera precipuamente in televisione, con qualche sortita sullo schermo più grande, non nuovo ad affrontare di petto la cronaca come fece in Alfredino, sul piccolo Alfredo Rampi caduto nel pozzo. Per Elisa – Il caso Claps è una miniserie in sei puntate di cinquanta minuti, tratta liberamente dal libro Sangue sull’altare di Tobias Jones e scritta con la consulenza della famiglia Claps. Va in onda in prima serata su RaiUno da martedì 24 ottobre 2023, due puntate alla volta per tre martedì. Già questo attesa la formula tradizionale della fiction sulla rete pubblica, da vedere, si diceva una volta, “all’ora di cena” e quindi attenta a non disturbare troppo. E non si intenda come una critica.
Il sipario si apre quando Elisa, sedici anni, una ragazzina di Potenza, nell’estate del 1993 sfreccia sul motorino del fratello, l’amato Gildo, sulle note di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, scelta sincronica visto che il brano era appena uscito e veniva consumato in loop nelle cuffiette. Giunti sulla spiaggia, i due si apprestano a godere amabilmente di una giornata di mare quando vengono raggiunti da un ragazzo, strano, in sovrappeso, che sembra più grande ma è un compagno di scuola di Elisa: Danilo Restivo. Il tipo, balbettando, farfuglia che voleva solo salutare l’amichetta. E se invece l’avesse seguita? Il principio è da vero e proprio serial killer movie.
A seguire viene tratteggiato l’affresco della vita di provincia, tranquilla, senza particolari scossoni, con la famiglia umile dei Claps che vive la propria quotidianità e si rallegra perché Elisa ha passato gli esami di riparazione. La ragazza, apprendiamo, vuole fare il medico e lascerà Potenza che le è sempre stata stretta. Ma questo solo nelle intenzioni: la mattina del 12 settembre 1993 scompare nel nulla. O meglio, un indizio ci sarebbe e anche abbastanza chiaro: aveva appuntamento proprio con Danilo, all’interno della Chiesa della Santissima Trinità, lo spazio in cui i fedeli si riuniscono a messa, perché il ragazzo l’aveva convocata per farle gli auguri e consegnare un regalo. Un’amica la accompagna fino all’ingresso della basilica, poi il nulla. Da qui la storia è conosciuta, ma non meno sconcertante: le lunghe ricerche, i sospetti su Restivo, la battaglia dei Claps col fratello capofila, il divieto di perquisire il luogo di culto, la clamorosa chiusura dell’inchiesta indicando l’allontanamento volontario della giovane. E poi il ritrovamento del corpo sedici anni dopo, nel 2010, nascosto nel sottotetto della chiesa e quindi il percorso che finalmente porta a incastrare Restivo, colpevole nel frattempo di un altro omicidio, quello di Heather Barnett massacrata a casa sua a Bournemouth, dove l’uomo si era trasferito. La strada verso la giustizia da una parte si compie con la condanna dell’assassino, dall’altra non scioglie la nebulosa di misteri e depistaggi, tra cui il più incredibile – il cadavere in chiesa – portato nella tomba dal parroco don Mimì Sabia ormai deceduto. Dunque, come ovvio la serie inscena l’intreccio dalla prospettiva della famiglia. In modo legittimo, ci mancherebbe, l’occhio che osserva e ripercorre la tragedia nei suoi punti più neri è quello di coloro che l’hanno subita: il fratello Gildo, che adora la sorella e per lei ingaggia una lotta che vale una vita; la mamma e il papà, due lavoratori umili del potentino; il piccolo mondo che ruota attorno a una giovane seria, studiosa e sorridente, che tiene un diario in cui riporta piccoli pensieri. Come rovescio, a fare da cono d’ombra che si allunga sulla sua luminosità, c’è il mostro, Danilo Restivo, gravemente disagiato ma protetto dal nucleo familiare, che fin da tenera età mostra un lato violento con la tendenza a tagliare ciocche di capelli alle ragazze che incontra sull’autobus, nella tipica descrizione feticistica del futuro serial killer che sembra uscito da un manuale di John Douglas. La storia ferma la lente su alcuni tratti davvero inconcepibili che la segnarono: in una sequenza la madre si inginocchia a pregare per ritrovare la bambina sul banco della chiesa, cioè nel luogo del delitto, proprio sotto alla porzione lignea in cui il corpo giaceva. Del resto nella chiesa si celebrano funzioni, funerali e matrimoni per sedici anni sotto il cadavere dell’adolescente.
La rappresentazione parteggia apertamente per lei, sin dal titolo, che è una citazione di Beethoven ma anche una dedica, per Elisa ovvero per risarcire Elisa. La vicenda si srotola nel tempo in modo filologico, a partire dalla ricostruzione dei fatti, con un re-enactment della ragazza che riceve in dono e indossa il famoso maglione bianco, con cui appare nelle foto e con il quale fu uccisa. Detto questo, la produzione sconta inevitabilmente i legacci della fiction Rai, che assolve l’intento divulgativo e di denuncia, ma a tratti barcolla vistosamente sul piano di scrittura e messinscena. Un esempio banale: nel secondo episodio, vediamo la sorella di Restivo col fidanzato che passeggiano in centro, scrutati dagli sguardi indagatori dei coetanei perché toccati dal sospetto, e lui si rivolge a lei: “Stasera ti porto nel tuo ristorantino preferito”. Una linea di dialogo banalmente esplicativa, anti-naturalistica, qualcosa che nessuno direbbe mai nella realtà e che serve solo a imboccare lo spettatore della prima serata. Ecco, così è costruito Per Elisa e forse non potrebbe essere altrimenti, poiché l’esigenza primaria è quella di spiegare cos’è successo. La regia si concede dei ralenti sul volto di Elisa, come per storicizzarla, per renderla commovente, ed evita l’istante della morte scegliendo l’ellissi, relegando la violenza sempre fuori campo. Quanto agli attori, fondamentali in un progetto simile, anche qui ci sono differenze. La piccola Elisa, finché viva, prima di diventare presenza fantasmatica, è incarnata in Ludovica Ciaschetti che è troppo bella per la parte, innescando un processo di edulcorazione magari inevitabile in certi casi ma che allontana dal verosimile (anche la povera Elisa avrà risposto male qualche volta). Al contrario il polo opposto, Restivo, affidato a Giulio Della Monica risulta abbrutito rispetto alle foto d’epoca, ingrassato e appesantito, quasi bavoso, a incarnare i consueti tratti del maniaco, malgrado le stesse carte processuali attestino la sua capacità di sembrare a prima vista assolutamente innocuo. Gianmarco Saurino sostiene a dovere Gildo Claps, con la sua battaglia che sconfina nell’ossessione, Anna Ferruzzo e Giacomo Giorgio sono i dolenti genitori, mente il papà di Restivo viene interpretato da Francesco Acquaroli, il volto più noto, molto efficace nell’insinuare il dubbio se il figlio storto potesse essere fermato, e se addirittura c’è un ruolo del severissimo padre nel sorgere della sua perversione. La sezione inglese suona credibile, mentre la polizia italiana si adagia piuttosto sulla macchietta, con Beniamino Marcone (Eufemia) che recita il classico ruolo del detective in contrasto coi superiori, vicino alla famiglia Claps, dunque dalla parte del bene. Insomma una fiction interessante, che serve a rimettere in fila gli eventi e per la prima volta riversarli in finzione. Per un grande film sul caso Claps, poi, servirà un regista più oscuro.