Polar
2019
Polar è un film del 2019, diretto da Jonas Åkerlund.
Giunge un momento nella vita in cui è necessario compiere una scelta. Destra o sinistra. Pandoro o Panettone. Boxer o slip. John Wick o Duncan Vizla. Già, perché, se del tosto giustiziere col barbuto e imbolsito volto di Keanu Reeves se n’è chiacchierato più che a sufficienza, lo spietato Kaiser Nero che porta le marmoree fattezze di Mads Mikkelsen è rimasto per lungo tempo – eccezion fatta che per pochi addetti ai lavori – una gran bella incognita. Almeno fino a quando il proverbiale algoritmo di Sua Eminenza dello streaming Netflix, in uno dei suoi sporadici lampi di provvidenziale buonsenso, non ha pensato bene di prelevarlo di peso dall’universo fumettistico da cui proviene per farlo approdare sul piccolo schermo, realizzando con Polar uno dei suoi più gustosi e riusciti colpacci. Tutto merito di un sicario non particolarmente svelto con la lingua ma certamente parecchio competente in materia di lame, pallottole e dipartite programmate. Il buon Vizla però non è un semplice killer prezzolato. No signori; lui è IL KILLER, principe indiscusso della morte a pagamento, uno che non si fa il minimo scrupolo a freddare un cucciolo di Bulldog solo per averlo colto di sorpresa durante il sonno e che, quando deve portare a termine un lavoro, state pur certi che non una goccia di sangue in più del necessario sarà versata. Tuttavia non lasciatevi trarre in inganno, perché il Black Kaiser è anche un tenerone, pronto a soccorrere donzelle in difficoltà e a insegnare tecniche di sopravvivenza avanzate a un allegro gruppetto di frugoletti di prima elementare.
Ma si sa, il tempo passa inesorabile per tutti. E poiché “non è possibile fare il killer con l’Alzheimer”, giunto all’implacabile soglia della mezza età con una fruttuosa e irreprensibile carriera alle spalle, assecondando il volere del boss Bult (un Matt Lucas in versione psycho-Liberace), il vecchio Vizla decide una volta per tutte di tirare i remi in barca e di godersi il meritato riposo del guerriero. Ciò nonostante la politica aziendale criminale contempla una forma un po’ particolare di “pensionamento”, prevedendo una buona uscita all’Altro Mondo per tagliare i costi sul personale. E così, braccato da ogni dove, il Kaiser Nero si troverà costretto a lottare come mai prima d’ora per garantire la propria sopravvivenza e quella della dolce Camille (Vanessa Hudgens miracolosamente in parte). Botte, sangue, violenza alè alè per quasi due orette, il tutto spalmato da un’estetica pulp ultra kitsch che sembra uscita dal cestino del pranzo condiviso fra Tarantino, Rodriguez e Almódovar. Sfogliando attentamente le magnifiche tavole della webcomic Polar – Came from the Cold di Victor Santos – ispirata a una nota vicenda di cronaca nera del metallaro sottobosco criminale norvegese – si nota subito un mood grafico chiaramente occhieggiante all’estetica del Sin City di Miller, con i suoi taglienti contrasti in bianco e nero spruzzati qua e là da botte di colore. Al contrario, l’atmosfera visiva che il pazzo Jonas Åkerlund – imperatore indiscusso del videoclip 2.0 e battezzatosi regista di genere grazie al delirante Lords of Chaos – sceglie di apparecchiare in questa sua caleidoscopica e personalissima trasposizione fa esattamente il lavoro opposto, schiaffandoci in piena faccia uno zuccheroso universo ipercromatico alla Tim Burton, dove completi giallo limone e rugginosa emoglobina convivono felici e beati come in un incubo lisergico surrealista, mentre ispezioni anali, uccelletti in CGI, split screen a go go e grafiche da grindhouse vengono cucite assieme da un montaggio schizofrenico.
Lasciando da parte una storiella pesantemente infarcita di cliché pescati a piene mani dal sacchettone dell’action hard boiled, che a lungo andare rischia d’innescare una pesante indigestione, l’unica vera ragion d’essere di questo Polar è lui: Mads Mikkelsen aka Duncan Vizla. Tosto. Scultoreo. Ombroso. Capace di accoppare i nemici a suon di fucilate standosene nudo come un verme nel mezzo di una bufera di neve a – 20°, pronto a far fuori una secchiata di guardie armate fino ai denti con la grazie coreografica degna di un Old Boy. E, quando alla fine, coperto di sangue peggio di Gesù Cristo e con un occhio sguercio, l’immortale Danese si prepara a mietere la propria letale vendetta in religioso silenzio, ecco che l’inquietante fantasma del On-Eye di Valhalla Rising torna ad affacciarsi, chiaro come il sole, dinnanzi ai nostri occhi. Certo, che la mattanza finale, consumata in poco meno di dieci secondi, viri sul versante supereroistico, non è certo cosa buona. Ma, considerando tutto il resto, qualche piccola cappellata al nostro Åkerlund gliela si può certamente perdonare, no? E se poi, come ultima chicca, persino uno come Richad Dreyfuss, sbuca a farci un salutino, allora i venti minuti di troppo sono davvero valsi la pena!