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Possessor

2020
REGIA:
Brandon Cronenberg
CAST:
Andrea Riseborough (Tasya Vos)
Christopher Abbott (Colin Tate)
Rossif Sutherland (Michael Vos)

Il nostro giudizio

Possessor è un film del 2020, diretto da Brandon Cronenberg.

Quando si parla di eredità cinematografiche si tirano il più delle volte in ballo ispirazioni e riferimenti, omaggi che gli allievi tessono ai propri maestri prolungando la vita di stili, poetiche e fisime all’interno delle proprie filmografie. Di rado capita che questo travaso di visioni e concezioni di fare cinema e narrare storie proceda in parallelo con l’orma genetica e ben più raramente questo avviene con un certo successo e con la capacità, da parte dei figli d’arte, di imporre comunque il proprio marchio personale. In questa cerchia ristretta si può ormai affermare che vi rientri Brandon Cronenberg, figlio del più celebre David, che al suo secondo lungometraggio, dopo l’interessante Antiviral, conferma di aver assimilato e, dato il tema, sussunto a livello cellulare, carnale, l’ingombrante lezione del padre, girando di fatto con Possessor quello che potrebbe benissimo essere confuso con un seguito di eXistenz – e il personaggio di Girder, interpretato da Jennifer Jason Leigh, è un rimando concettuale e visivo evidente all’Allegra Geller del film del 1999. Brandon azzarda addirittura, nei confronti della filmografia paterna, una maggiore mimesi con le attuali evoluzioni della società e una crasi deduttiva tra la prima fase, quella del body horror, e la seconda, dove le fibre della carne vengono sostituite dai deliri cerebrali. Possessor è una sintesi ai limiti della perfezione sul rapporto tra corpo e mente, giocato sulla trovata narrativa di immaginare una società segreta che si occupa di eliminare obiettivi di alto spessore con uno strumento che permette il delitto perfetto, senza lasciare tracce: il sicario, la talentuosa Tasya Vos (Andrea Riseborough), carica la propria coscienza nella mente di una persona molto vicina all’obiettivo, lo elimina e per non lasciare tracce uccide anche il corpo ospitante.

La procedura lascia lentamente delle scorie nella mente di Vos, che non riesce a controllare più la propria indole violenta, iperstimolata dalle esperienze shoccanti e traumatizzanti a cui è costretta per entrare nel personaggio (su questo aspetto Possessor è una parabola anche metacinematografica e può evocare concettualmente Holy Motors di Leos Carax). Il meccanismo di rottura dell’equilibrio verrà dato definitivamente da un incidente di percorso, in cui Vos, entrata nella mente del genero di un magnate del Data Mining (Sean Bean) che dovrà uccidere, rimane intrappolata nel corpo ospitante che lentamente tenta di rigettare l’intruso, in una lotta che coinvolge sia la mente che, fisicamente, l’involucro. Cronenberg, memore delle opere del padre, mette tutte le carte del suo intreccio cervellotico su un campo da gioco concreto, visivamente comprensibile a chiunque, quello del body horror, su cui spinge più e più volte il pedale dell’acceleratore e il vero motivo non ci è dato sapere: vuoi perché è desideroso di rimanere nell’ottica del genere – e Possessor è in questo un horror godibilissimo – o piuttosto tenta di bilanciare la debolezza del costrutto narrativo riempiendo lo sguardo dello spettatore con sangue e frattaglie.

Da qualunque punto di vista lo si voglia cogliere, il film di Cronenberg possiede uno spirito violento e nichilista raro da vedere nelle produzioni più commerciali, con un gusto macabro per il dettaglio gore e il parossismo della violenza: se in un qualunque film per uccidere una persona basta una coltellata, Cronenberg ne aggiunge 20 e questo dettaglio, apparentemente insignificante, restituisce un’idea di cinema ormai passata agli annali, dove non si arretra di fronte a niente. Un concetto che Cronenberg inserisce nell’ambito di una riflessione visiva sullo spettatore e sul voyeurismo dello sguardo, affermazione stantìa ma mai così pertinente con l’opera: vertiginosa la sequenza in cui una delle vittime di Vos, inconsapevole di essere “spiato” dal sicario, compie regolarmente il suo lavoro di intercettazione di flussi video da webcam per spiare le persone e i loro comportamenti, tracciandone le abitudini e le necessità di acquisto, un chiaro riferimento alle tecniche di tracciamento dei colossi del web per profilare gli utenti che assume contorni distopici – nonostante le premesse fantascientifiche, il film è ambientato nel recente passato. Il futuro pessimistico nella visione di Cronenberg è già in atto da tempo e il campo da gioco in cui si dovrà combattere sarà, ovviamente, il proprio corpo.