Questo mondo non mi renderà cattivo
2023
In un momento storico di grande emergenza, provvidenziale come il cerotto intorno all’alluce quando decidi di indossare un paio di dècolleté-tacco 12, approda su Netflix Questo mondo non mi renderà cattivo, l’attualissima, nuova fatica cinematografica di Michele Rech, alias Zerocalcare. Il fumettista di Rebibbia punta sull’efficacia icastica della mitologia classica, facendo appello allo sventurato amore di Orfeo e Euridice e sulla potenza evocativa e ri-evocativa della musica, lasciando che il suo pubblico, se non altro quello che come lui appartiene alla Generazione Y, si immerga di colpo nei meandri di un’adolescenza lontana accompagnato dalle note dei Cure, degli Oasis, degli 883 e degli Hanson. Zerocalcare ci fa da sponda verso un nuovo viaggio alla scoperta di noi stessi. Questa volta però Rech sceglie di uscire dal suo micromondo, dai suoi drammi personali e ci racconta la Storia, quella che determina le vicende individuali dei singoli personaggi senza tener conto delle loro scelte personali. Il racconto prende forma attraverso i flashback di Zero, Secco e Sarah sottoposti ad interrogatorio durante un fermo in commissariato: nel quartiere in cui sono cresciuti e dove vivono ancora, fagocitati dalle teorie dei “nazisti”, i residenti della zona si schierano a favore della chiusura di un centro di accoglienza in cui, da qualche settimana, vive un gruppo di circa 30 migranti. In questo contesto si inserisce la narrazione dell’amicizia fra Zero e Cesare, quest’ultimo tornato in città dopo decenni di assenza.
Accanto all’accuratezza dell’animazione, del doppiaggio, all’originalità delle modalità narrative e alla sfrontata ironia, vagamente incline al turpiloquio (per ricorrere a un cereo eufemismo) tipicamente romana, a cui il pubblico di Rech è ormai avvezzo, si colloca una versione più matura dello Zero professionista e dello Zero personaggio: entrambi più riflessivi e consapevoli. Zero ha imparato la lezione appresa al termine di Strappare lungo i bordi: “semo fili d’erba. Ognuno di noi ha le sue ragioni intime e insondabili, da soli non spostiamo quasi niente”; per questa ragione Questo mondo non mi renderà cattivo, pur non essendo, come lo stesso Rech ha tenuto a precisare, un sequel della prima serie, ne è sicuramente la versione più attenta, sensibile e impegnata. Abbiamo a che fare con uno Zero meno egoriferito, costretto dalle circostanze a toccare il tema della politica, quello sociale, la questione dell’accoglienza dei migranti, quella di genere, della tossicodipendenza e, non da meno, del machismo. E lo fa in modo lapidario, senza filtri, con la stessa onestà con cui apostrofi la madre di tuo marito, dopo aver scolato una bottiglia di tequila con le compagne del corso di Yoga. Alcuni temi vengono sviscerati, altri solo menzionati, ma non per questo trattati superficialmente. Tra le emergenze che Zerocalcare sceglie di attenzionarci ci sono anche le istantanee di tutte quelle battaglie, per cui, solo perché non ci coinvolgono direttamente, scegliamo di non combattere. Ma in un contesto in cui ogni cosa sembra più urgente di un’altra, per cosa Zero ammonisce prima di tutto se stesso e poi noi altri? Per l’indifferenza.
Questa sorta di inerzia morale che ci suggerisce di scendere in campo a giocare la partita solo se abbiamo scommesso sulla nostra vittoria. Ci ammonisce per la presunzione di credere che le cose possano andarci bene anche se a tutti gli altri vanno male, driblando abilmente la presa di coscienza che le nostre storie e quella dell’umanità siano strettamente interconnesse e che non siamo responsabili solo di noi stessi. Ciò che invece funziona meno in questo secondo lavoro è l’insistente ricorso a quello che in letteratura viene definito cleuasmo (figura retorica attraverso la quale l’autore ironizza su se stesso, denigrandosi attraverso una non-sempre onesta umiltà). Zero in modo quasi ridondante analizza il suo successo, confrontandolo con gli esiti delle vite di chi gli è attorno, un focus che gli costa sensi di colpa e frustrazione e che provoca l’impressione che chi racconta voglia giustificarsi per avercela fatta o per scolparsi, citando l’Armadillo, della sua “lieve inflessione romana”. Ma chi siamo noi per privare Zerocalcare del suo “inalienabile diritto alla lagna”? Questo mondo non ci ha ancora resi cattivi fino a tal punto.