Questo sì che è amore
1978
Questo sì che è amore è un film del 1977, diretto da Filippo Ottoni.
E il lunedì, non viene mai il mio papà/ E il martedì, ha sempre tanto da far…
Tommy (Sven Valsecchi) è un bambino di otto anni costretto a vivere nella stanza asettica di un ospedale di Londra, a causa di una forma di agammaglobulinemia, che gli renderebbe fatale l’esposizione a qualunque germe. Al piccolo, che è perfettamente consapevole del decorso del suo male («Ho sentito dire ai medici che è già tanto se arriverò a dieci anni…»), restano come unico conforto le visite quotidiane di un amichetto, Larry (Mario Curi) accompagnato da un peloso cane spinone, e la presenza dei genitori oltre i vetri della sua gabbia. Sensitivo e intelligentissimo, Tommy ha però capito che qualcosa nel rapporto tra suo padre e sua madre si sta incrinando. Difatti, sono sull’orlo del divorzio: il primo, conduttore televisivo di un programma per bambini (Christopher George) ha avviato una relazione con una collega (Laura Trotter), mentre la madre (Gay Hamilton) si nega all’esistenza ritenendosi colpevole della condizione del suo bambino. Alla fine, Tommy deciderà di evadere dalla sua prigione e, a costo della vita, di fare in modo che i genitori, di nuovo riuniti, lo raggiungano in una casa di campagna. Lì, nella notte di Natale, mentre dal cielo cadono i primi fiocchi di neve, Tommy si spegne tra le braccia di mamma e papà…
Mercoledì, chissà se oggi verrà/ É giovedì, e io sto qui ad aspettar/ Ma il venerdì, io me lo sento che Il mio papà verrà a trovarmi/ Staremo insieme e mi parlerà…
Le strofe in corsivo, appartengono alla canzone incisa da Tommy su una cassetta e fatta arrivare al padre, che da qualche tempo non lo viene più a trovare in ospedale. La voce che canta è realmente quella di Sven Valsecchi (che non è mai stato doppiato in alcun film), il secondo grande protagonista dei lacrima-movie italiani insieme a Renato Cestié, classe 1968 e un talento recitativo non comune, messo perlopiù al servizio di questo genere di film (Nené di Samperi, a parte). La canzoncina – musica di Stefano Torossi, parole del (bravo) regista Filippo Ottoni – con la OST di Stelvio Cipriani, è parte integrante dell’anima di Questo sì che è amore, pellicola magari non perfetta, ma dotata di uno straordinario jump – basti vedere l’inizio – e di un’energia malinconica pervasiva e ben persistente oltre la visione. Va bene, la sceneggiatura (accreditata a Sonia Molteni e a Ottoni, da un soggetto di Enrico Oldoini che sostanzialmente era il remake del film tv americano The Boy in the Plastic Bubble con John Travolta, dell’anno prima) ha falle logiche, non sequitur, personaggi abbandonati per strada (la Trotter, ad esempio), altri allo stadio di abbozzo: anche se giudicare sulla base della vecchia vhs svizzera è rischioso – la durata di 93’ non torna con l’indicazione 100’ data da diverse fonti. Ma non è comunque la tenuta stagna della storia che fa di un lacrima un grande lacrima, da Love story in poi…
Il mio papà, e siamo a sabato già/ Io spero ancor/ Forse domani verrà…
Quando Tommy evade dalla stanza asettica, comincia a girare per Londra con il suo amico “rosso malpelo” – un bambinetto forse figlio del montatore Angelo Curi – che parla con spiccato accento romano. A un certo punto, finiscono allo zoo: leoni, tigri, orsi, fino alla gabbia degli scimpanzé, di fronte alla quale Tommy sta male, perché gli ricordano la sua condizione di prigionia. In un’altra scena, Christopher George – lui e la Hamilton, attrice televisiva inglese che somiglia a Paris Hilton, sono bravissimi – in casa dell’amante ha quasi una crisi isterica davanti a un acquario in cui nuota un pesce rosso, che per associazione di idee gli parla di Tommy. Particolari che incidono e hanno il loro sottile peso emozionale, insieme ad altre piccole cose, semplici ma efficaci: come il pupazzo che il papà ha regalato a Tommy (di nome Pit, con il quale Christopher George duetta in televisione in un numero di ventriloquo) e che Sven Valsecchi si stringe al petto nella fuga, come un amuleto fatato, prima di passarlo nelle mani dell’amichetto Larry, rimasto solo e mesto, in una fredda notte di Natale, a film finito. Il produttore Ovidio Assonitis dedica la pellicola a tutti i bambini del mondo assistiti dall’Unicef. Aka The Day Santa Claus cried.