Re-Animator
1985
Re-Animator è un film del 1985 diretto da Stuart Gordon.
Herbert West (Jeffrey Combs) è un giovane ricercatore che ha inventato un siero che riporta in vita i morti. Espulso dall‘Università di Zurigo con l’accusa di aver causato la morte del suo maestro, il Professor Gruber, lascia la Svizzera e si trasferisce negli Stati Uniti per continuare i suoi esperimenti. Herbert prende in affitto uno scantinato a casa di Dan Cain (Bruce Abbott), uno studente della Miskatonic University. Dopo aver sperimentato il siero su un gatto, Herbert convince Dan ad assisterlo e insieme resuscitano un cadavere, osteggiati dalla fidanzata di Cain, Megan (Barbara Crampton) e dal diabolico Dottor Hill (David Gale), docente alla Miskatonic, che vuole a tutti i costi impadronirsi del siero reanimatore e di Megan.
Tratto da un insieme di racconti di H.P. Lovecraft, e in particolare da quello meno amato dallo scrittore, Herbert West–Reanimator, Re-Animator è l’esordio di Stuart Gordon (Dolls, Edmond) al lungometraggio e nell’horror. Dopo aver allentato i suoi rapporti con l’Organic Theater e aver diretto la serie tv Bleacher Bums, Gordon su suggerimento di un amico, decide di buttarsi nell’horror, illuminato dalla lettura del racconto di Lovecraft. Parte dal classico Frankenstein per restituire sullo schermo il ritratto di un vero e proprio mad doctor, spietato e cinico, servendosi dei nudi zombificati di romeriana memoria. Scritto assieme allo sceneggiatore dell’Organic, Dennis Paoli e William Norris, il film è anche l’esordio alla produzione del futuro regista di culto Brian Yuzna (Society, The Horror), che prenderà poi in mano la serie realizzando ben due sequel, Re-Animator 2 (1990) e Beyond Re-Animator (2003). Il progetto finisce nelle mani di Charles Band, che lo produce con la sua Empire Pictures, piazzando alle musiche il fratello Albert Band e alla fotografia il veterano Mac Ahlberg, che insegnerà a Gordon come stare dietro la macchina da presa. Con Re-Animator, il regista di Chicago spinge sull’acceleratore del nudo e della macelleria, si serve dei cadaveri putrefatti che prendono vita prendendo spunto dalla sua esperienza con l’Organic: corpi nudi, seducenti o putrescenti.
“Le storie alla Frankenstein sono masturbatorie – spiegò Stuart Gordon in un’intervista, prima della sua morte avvenuta nel 2020 – Parlano della creazione della vita senza una donna.” E Re-Animator parla proprio di questo, della creazione della vita non solo senza una donna, ma senza un dio. Una critica feroce, nemmeno tanto velata, al cinismo della medicina che non guarda in faccia nessuno pur di portare avanti i suoi scopi. Il corpo è un groviglio di vene, muscoli, ossa e liquidi pronti a schizzare, spiaccicarsi contro gli occhi di chi guarda, di chi crede nel potere della scienza e dei suoi adepti. La scienza visionaria di West si contrappone a quella apparentemente ordinaria di Hill, due facce della stessa medaglia che vedono il corpo come una macchina da smontare e rimontare solo per appagare il proprio piacere. Gordon assorbe in qualche modo la lezione già collaudata da Sam Raimi con Evil Dead, ma fa sua la commistione di orrore e comicità concentrandosi sul corpo nudo e crudo, che è insieme resurrezione e mortificazione della carne, pornografia medicale, body horror che in Re-Animator non è solo teorizzato, ma mostrato e smembrato. Un capolavoro dello splatter, fotografia di un momento unico e anarchico del cinema horror americano.