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Reazione a catena

1971
Titolo Originale:
Reazione a catena
REGIA:
Mario Bava
CAST:
Claudine Auger (Renata Donati)
Luigi Pistilli (Alberto)
Laura Betti (Anna Fossati)

Il nostro giudizio

Reazione a catena è un film del 1971, diretto da Mario Bava.

Luc Moullet portò Reazione a catena a un convegno sulla critica che si svolgeva a Palermo come esempio di cinema italiano assieme a Maria Zef di Vittorio Cottafavi. E come dargli torto? E comunque continuare a dire e scrivere che ha ispirato Venerdì 13 e scempiaggini simili non mi sembra certo un gran complimento. Quindi il valore del film sta sicuramente altrove. Nello sguardo, per esempio, che porta al sublime il lavoro sullo zoom, il fuori campo e il fuori fuoco. Nella moralità metronoma che mette in scena la morte senza compiacimento alcuno, ma con un senso estetico da autentico readymade, ossia un corpo, un oggetto e un gesto. Il gore non è tanto un’esemplificazione dell’omicidio come una delle belle arti, quanto una parodia della produzione industriale fondata sull’accumulo.

Ogni capitale si fonda su un crimine originario? Allora Reazione a catena è il marxismo secondo Mario Bava. Poi, certo. Mario Bava è un “artista”, un visionario del sangue e non permette alla sua polemica di prendere il sopravvento rispetto al suo sguardo. Tutto si articola all’interno di una politica della messinscena che ridisegna lo spazio disponibile, ossia il perimetro della socializzazione, come tracciato da sottrarre alla logica della produzione. Le traiettorie di morte sono interruzioni di (con)senso ed ecco spiegato il feroce compiacimento nel disegnare ogni volta una morte sempre più crudele. Mai vista.

Reazione a catena è il cinema di Bava che piega una visione del mondo e dei rapporti di classe alle torsioni di un cinema che, liberandosi della forza di gravità si ripensa come pura gestualità liberty, cosa ripresa poi dall’ultimo Argento. Caratteristica dei manieristi più intransigenti, una moralità ferrea che, per pudore, si cela dietro la maschera del gioco. Ecco perché oggi il cinema di Bava è tanto prezioso. Perché anche quando si pensa di averlo smascherato, il nostro sguardo si trova poi sempre a scrutare altre maschere, altre identità. E questo gioco è il gioco del cinema.