Roma dalla finestra
1982
Roma dalla finestra è un film del 1982, diretto da Masuo Ikeda
La seconda pellicola italiana di Masuo Ikeda, il regista di Dedicato al Mare Egeo, si rivela un raro scrigno delle meraviglie. Ci sono film dei quali non ci si può che contentare che di dare una descrizione di massima. E già è tanto se ci si riesce. Sono film che nessuno dovrebbe arrischiarsi di penetrare ermeneuticamente. Perché si corre il rischio di mettere l’affare dentro una vagina dentata. Roma dalla finestra di Masuo Ikeda, girato in Italia verso il 1980 o ’81 – al di là dei dati, c’è un criterio interno di datazione: a un certo punto si parla dell’omicidio di Pasolini come avvenuto “cinque anni fa” – è la ragione di questo stravagante preambolo. Ora, a parte chi scrive e Manlio Gomarasca, nessuno in Italia e probabilmente in Europa avrebbe, così, all’impronta, la più pallida idea di chi fosse Ikeda, artista eclettico (pittore, scultore, scrittore) che ebbe tra i propri interessi anche il cinema. Negli anni Ottanta, questo simpatico giapponese girò in Italia, con cast artistici e tecnici italiani di primissimo ordine, un paio di film rimasti poi inediti pressoché ovunque tranne che in Giappone.
Il più noto è Dedicato al Mare Egeo, che Gomarasca ebbe la fortuna di vedersi a un Mifed accanto a Ikeda stesso. Il più folle e inquietante è invece, senza dubbio, questo Roma dalla finestra, tratto da un racconto del regista. In sostanza, è la storia di un uomo e di due donne. Carlo, cioè Claudio Cassinelli, è un fotoreporter di Roma. Sua moglie Olga (Delia Boccardo) fa la modella a Parigi (e nella prima sequenza del film la vediamo subire lo stupro da parte di un indiano dentro una fontana; ma lei ride e dice all’aggressore: «È la prima volta che violenti qualcuno, vero?»). Poi c’è O, ossia Kimiko Nakayama, una cerbiattina giapponese che Carlo incontra all’Idroscalo, sui luoghi del martirio pasoliniano, e se ne invaghisce subito. La vede far pipì, la segue e in capo a pochissimo butta la fede a mare (letteralmente) e finisce a letto con lei.
Nell’intimità, O si stranisce per la misura del membro di Carlo e lui risponde che non c’è niente da stupirsi perché questa è la taglia standard per gli italiani. Basti ciò per dare il polso della situazione. Il resto è impossibile sunteggiarlo o spiegarlo. Impossibile. La straordinaria partitura, ossessionante, di Paul Mauriat sovrasta la commedia, il dramma, l’erotismo e talune sconcertanti possibilità gotiche, che subentrano a un certo punto. Gabriella Giorgelli e Almanta Suska (quella di Lo squartatore di New York) sono, rispettivamente, una zingara che muore ammazzata da un maniaco e una delle tante amanti di Cassinelli. Ma prendete tutto questo solo come un’avanguardia. A Ikeda sarebbe il caso di tornare in modo massiccio. In italiano, su Youtube