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Searching for Sugar Man

2012
REGIA:
Malik Bendjelloul

Il nostro giudizio

Searching for Sugar Man è un documentario del 2012 diretto da  Malik Bendjelloul.

Può questa storia essere vera? E se è così, perché ci sono voluti quasi 20 anni prima che qualcuno finalmente la  raccontasse? Sorgono molti dubbi quando si guarda Searching for Sugar Man. Le immagini scorrono e inevitabilmente il pensiero va ai tanti mockumentary prodotti negli ultimi anni e a quanto sia stato facile per molti mettere in scena qualcosa del genere. Ma se l’attenzione si sposta sulla verità o sulla probabilità di certe vicende, si rimane incredibilmente commossi da questa strana e speciale storia di vita. Un cantautore americano registra all’inizio degli anni ‘70 due dischi che ricevono buone recensioni ma lasciano alquanto freddo il grande pubblico. L’etichetta rescinde il contratto, il cantante con il nome latino di Rodriguez, allora impopolare, scompare nell’oscurità e si guadagnerà da vivere come operaio edile nella metropoli di Detroit. C’è però qualcosa che lui non sa: proprio in quel periodo a Città del Capo e Johannesburg esiste una sottocultura che comincia a ribellarsi al regime dell’apartheid sudafricano, e visto che le sue canzoni parlano con il cuore di queste tematiche, i suoi dischi che in qualche modo hanno raggiunto quelle terre, vengono copiati, prestati, regalati e infine ripubblicati da tre diverse etichette.

L’importo stimato delle vendite è di milioni. Rodriguez sta diventando più grande di Elvis in Sud Africa, ma poiché lo Stato sudafricano è isolato dal resto del mondo, nessuno se ne accorge e Rodriguez rimane un eroe non celebrato. Circolano voci che si sia dato a fuoco, si sia sparato o si sia tolto la vita in qualche modo su un palco al termine di un concerto di scarso successo. Dopotutto, non vengono più pubblicati i suoi dischi.  Solo quando negli anni ’90 esce un CD nel cui libretto si legge che non si sapeva quasi nulla di Rodriguez, due fan si mettono alla ricerca di questo singolare artista e trovano Sixto Rodriguez povero ma completamente vivo a Detroit. Lo invitano a Cape Town, dove tiene sei concerti tutto esaurito davanti a 20.000 persone. Da allora, Rodriguez, che aveva 70 anni all’uscita del film ma che ci ha lasciati l’8 agosto del 2023, è tornato negli Stati Uniti. “Grazie per avermi tenuto in vita”, dice dal palco.

Ma la storia non finisce qui. Il regista svedese Malik Bendjelloul decide di realizzare un documentario sulla vita di Sixto; ha lavorato al suo progetto per quattro anni, e se il primo anno ha ricevuto finanziamenti, in seguito è rimasto da solo e senza fondi,con il risultato che il film era sempre impossibile da realizzare. È stata la forza della storia a impedirgli di arrendersi: ha assunto la direzione del montaggio e della progettazione musicale e ha aggiunto le proprie animazioni alle scene mancanti. La carenza è diventata una virtù. Nel film, e questo ne fa un elemento caratteristico positivo, Sixto Rodriguez non è raccontato in maniera lineare né possiamo affermare che alla fine tutto sia chiaro della sua vicenda: rimane una figura enigmatica in un’opera sensibile e realizzata con molta onestà. Durante la visione, non si perde mai l’equilibrio tra scene altamente emotive e sobria ricerca, in un’alternanza tra piccoli inserti animati, distanza artistica e chiara documentazione con materiale storico. Si comincia in modo del tutto misterioso in Sud Africa e poi si arriva con molta attenzione negli Stati Uniti e nel presente. Ma la cosa più importante è che ci viene fatto conoscere un musicista autore di testi meravigliosi e diretti, che è stato troppo e  ingiustamente dimenticato. Un gioiello di documentazione musicale.