Seguimi
2017
Seguimi è un film del 2018, diretto da Claudio Sestieri
Stagliata contro il cielo terso e azzurro di Barcellona, ripresa dal basso, Angélique Cavallari è una tuffatrice che si lancia nel vuoto come un proiettile, scomparendo alla vista e all’impatto nel nero di una dissolvenza e riemergendo un anno più tardi tra le ombre notturne, calde e pastose di Matera, dove Pasolini girò Il vangelo secondo Matteo e Arrabal L’albero di Guernica; e dove il padre artista della protagonista è morto da poco. Ma il tuffo, prima. L’evocazione attraverso le casse di risonanza della memoria è subitanea: la tomba del tuffatore, a Paestum, in cui l’uomo bruno e nudo si proietta da una colonna dentro un mare che ha il colore del Nulla. L’esegesi, complessa, del dipinto lega il tuffo all’immersione nei piaceri del simposio da cui occorre riemergere senza smarrire la propria identità. Altri pensano a un balzo nell’Oceano della morte, a un trapasso che diventa trasformazione. Si allude anche alla possibilità che il tuffatore si getti dalle Colonne d’Ercole del noto verso l’ignoto, cioè verso un livello diverso di coscienza e di conoscenza. Tutto questo arcano si adatta perfettamente alle possibilità di interpretazione, non univoche, di ciò che accade alla primadonna del film di Claudio Sestieri, Seguimi. Marta, la tuffatrice, viene ingoiata, tra quei sassi millenari, in un mystery al centro del quale la attende un’altra ragazza, una modella orientale, Haru, interpretata dalla giapponese Maya Murofushi, obiettivamente molto, molto conturbante. Costei è la modella di un pittore sciroccato (Piergiorgio Bellocchio) che la venera con la stessa forza con cui la vessa.
Haru si sottrae al pigmalione-aguzzino e richiede asilo a Marta, che volentieri la riceve e sotto il proprio tetto e dentro il proprio letto. Ma Haru c’è e non c’è: è una presenza allo stesso tempo tremendamente (l’avverbio non è scelto a caso) fisica e carnale, e animica, volatile, evanescente. Nella scena incipitaria, girata dentro un museo, la giapponese si rivela a Marta che la segue e dopo un po’ la perde. Seguimi, appunto, perché in 16°, in questo breve ed elegantissimo prodromo, è espressa la perfetta sintesi dell’ultimo film di Sestieri, che prosegue a carte scopertissime, e con totale coerenza, il viaggio in quel mondo rarefatto, ambiguo, pregno di simboli e anche infido che era già perfettamente formato in Dolce assenza (1987), e nello splendido, successivo, Barocco, del 1991. Sestieri, va detto, sulle protagoniste non ha mai cannato (chi si dimentica di Jo Champa nel film di debutto, o Cristina Marsillach in Barocco o Carolina Felline in Chiamami Salomé?) e anche stavolta, anzi stavolta più che mai, punta su una figura pregnante: Angelique Cavallari, italofrancese che da queste parti avevamo già inquadrato nel mirino per il ruolo angelico (non è un gioco di parole) nelle prime due sezioni dello sperimentalissimo Mancanza di Odoardi, si tuffa dentro Seguimi con la stessa attonita (e così eccitante) inquietudine interpretativa con cui il suo carattere nel film balza in quel terzo piano dell’Essere dove realtà e delirio si intersecano in un mixtum inestricabile.
Seguimi è bellissimo anche perché non è per nulla reticente e Sestieri, che si fregia, a buon diritto, del titolo di “antonioniano” (e che la matrice del suo cinema sia quella lo capisce anche un cieco), non aborre dalla rappresentazione dell’erotismo in modo molto diretto (la scena in cui la Cavallari, nuda sul letto a pancia in giù, viene masturbata dalla Murofushi, che le sta sopra a cavalcioni). L’interfaccia, quindi, tra materia, anzi carne, e mente, così come tra concreto e astratto, è il sentiero battuto da Seguimi che si compiace di una calligrafia calda e raffinata (la fotografia è di Giovanni Mammolotti, i costumi, che anch’essi molto contano, sono di Lia Morandini, le scenografia, oltre a quelle naturali e spontanee di Matera, sono di Nunzia Decollanz) ma chiude la propria moralità sul brivido silenzioso che suggerisce quella superficie acquatica senza colore dentro cui sta per scomparire il tuffatore della tomba di Paestum. Deciso plus-valore anche la colonna sonora di Marco Werba.