Sequence Break
2017
Sequence Break è un film del 2017, diretto da Graham Skipper
Col termine sequence breaking, in gergo informatico e dei videogames, s’intende «il compiere azioni oppure ottenere degli oggetti al di fuori dell’ordine prestabilito, o saltare interamente delle azioni»: detto in modo più spiccio, l’interruzione della normale sequenza di gioco, come ad esempio l’uso dei game cheats, i trucchi per saltare un livello piuttosto che arraffare dei bonus. Il binomio horror-videogames ha sempre funzionato a fasi alterne (tanto per citarne uno, il mediocre Stay Alive del 2006) e trova la sua via più efficace nel citare i vecchi videogiochi anni ’80 (Game of Death, 2017) quindi nel suo aspetto vintage e nostalgico. Graham Skipper, alla sua seconda prova come regista e sceneggiatore (ha debuttato con Space Clown, 2016) è in primis attore, protagonista dell’interessante Beyond The Gates (2016), insieme a Chase Williamson, che in Sequence Break ha il ruolo principale, quello del timido Oz. Se Beyond the Gates era un bell’omaggio al vintage gaming su videocassetta, non si può dire altrettanto di questo film – presentato al 35º Torino Film Festival nella sezione After Hours – che parte da uno spunto tutto sommato valido per poi arenarsi e attorcigliarsi inesorabilmente su se stesso. Oz (Williamson) è il tipico nerd, che lavora in un negozio di vecchi videogames arcade da sala giochi, riparandoli o riprogrammandoli; il negozio chiuderà a breve («la fine di un’era», per dirla con il suo boss Jerry) e il giovane avrebbe le qualità per trovare di meglio. Timido e impacciato, incontra Tess (Fabianne Therese, già vista in Southbound e Starry Eyes) , anche lei game-geek, con cui intreccia una relazione, nonostante la sua difficoltà a rapportarsi con le donne.
Fin qui si direbbe tutto bene, i personaggi sono ben delineati e suscitano empatia, la storia d’amore è realistica e non melensa ma ecco che le ambizioni di Skipper rompono le uova nel paniere e danno vita a un pasticcio di cui non si sentiva la necessità. Oz mostra a Tess un gioco su cui sta lavorando: inizia a comparire un riccioluto e minaccioso sconosciuto (John Dinan) che porta in una busta una misteriosa scheda di un gioco, che causa allucinazioni e mutazioni corporee. Il problema è, fondamentalmente, uno: non si può fare Cronenberg se non si è Cronenberg, pena la caduta nel risibile involontario. Entra in gioco la differenza tra omaggio e scopiazzatura ma siamo, decisamente, dalle parti della seconda: il tributo richiede un ottimo controllo di ciò che si mette in scena, una consapevolezza della citazione che qui è assente, per lasciare il posto a joypads che si fondono voluttuosamente con le mani (eXistenZ) e rimandi a Videodrome come se non ci fosse un domani.
Sequence Break è fatto bene, ben girato e recitato, con una buona colonna sonora che ha le atmosfere giuste (a cura di Van Hughes) e una fotografia funzionale, a opera di Brian Sowell. Il plot sfugge dalle mani a Skipper, divenendo confuso e pretenzioso fino alla nausea, buttando nel calderone anche rimandi al cinema di Lynch, come se Cronenberg non fosse sufficiente. Il simbolismo va saputo gestire altrimenti è solo un’accozzaglia di significanti senza significato ed è esattamente ciò che succede qui: mani che escono da schermi, circuiti che si fondono col corpo insomma, tutto il repertorio da body horror sofisticato che conosciamo fin troppo bene. Peccato perchè Sequence Break non parte male ma sfocia nell’assurdo, a causa di ambizioni troppo alte e mal piazzate.