A Serbian Film
2010
A Serbian Film: fra Snuff Movie e Sara Kane, Spasojevic racconta la propria tristezza per il suo Paese con un film, purtroppo, mediocre.
Quando è stato presentato al festival di Cannes il film ha letteralmente messo in crisi la critica e il pubblico. Scene di violenza disturbanti riempiono una trama e un montaggio volutamente essenziali, personaggi dai volti scuri e depressi, traditori, tutto diventa un’allegoria della Serbia dei giorni nostri. Il paese balcanico, fin dalla sua “recente” indipendenza è stato un campo di guerra interminabile. Dopo Tito, quando Croazia, Kosovo e Slovenia decisero di diventare indipendenti, vecchi generali comunisti diventati violenti nazionalsocialisti hanno spinto il paese in una guerra bestiale che ha provocato un deserto culturale e sociale tale da aver influito psicologicamente sul popolo serbo. Questo piccolo excursus storico non è un delirio del sottoscritto, ma la spiegazione logica (ammesso che ve ne sia una) delle terrificanti scene che costellano il film, dallo stupro di un neonato alla violenza su bambini e l’omicidio di innocenti. A chi si chiede il perché di attimi così raccapriccianti spesso gli viene data una risposta di tipo puramente visivo, dove lo splatter altro non è che un modo come un altro per “eccitare” lo spettatore e riempire una povertà narrativa (esempio lampante potrebbe essere Hostel II). In questo caso un’estremizzazione tale, che diventa finzione per l’assurdità di certe scene, è una costrizione sentita dal regista.
E’ impossibile far rivivere a dei non serbi cosa può voler dire crescere in un paese annientato, assassino e assassinato, quindi cerca di esagerare per avvicinare da un punto di vista dei sensi e dell’impatto emotivo. Ci sono due parallelismi e richiami in questo film. Uno è il già citato Hostel, dove i protagonisti del film di Eli Roth si ritrovano da un mondo apparentemente pacifico in un inferno che richiama indirettamente gli snuff movie. Srđan Spasojević invece collega gli Snuff Movie direttamente, perché gli atti di violenza vengono filmati. L’altro parallelismo è con il teatro di Sarah Kane, drammaturga britannica suicidatasi nel 1999. Il suo teatro è fatto di atti di stupro, cannibalismo e violenza e richiami alla guerra bosniaca.
Spasojević riesce solo a metà dell’opera, trasmettendo il suo messaggio di tristezza nei confronti della Serbia, ma costruendo un film qualitativamente mediocre e che se mai verrà distribuito in Italia (e nel resto d’Europa, visto la difficoltà a trovare un distributore) troverà pochi palati pronti ad apprezzarlo.
Nel finale del film il regista sembra sfogare la sua passione per l’horror di casa nostra, in una memorabile quanto imbarazzante scena dove il protagonista uccide un uomo con il pene, collegandosi a Porno Holocaust.