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Servant 4

2023
REGIA:
Ishana Shyamalan, M. Night Shyamalan, Dylan Holmes Williams, Logan George, Celine Held
CAST:
Toby Kebbell (Sean Turner)
Lauren Ambrose (Dorothy Turner)
Nell Tiger Free (Leanne Grayson)

Il nostro giudizio

Servant 4 è una serie tv del 2023, ideata da Tony Basgallop.

Si è conclusa questa settimana la quarta è ultima stagione di Servant, il thriller psicologico interpretato dai “magnifici quattro”: Lauren Ambrose, Nell Tiger Free, Rupert Grint e Toby Kebbell; si tratta dello show foggiato dalla mente di Tony Basgallop, diretto da Daniel Sackheim e  prodotto da M. Night Shyamalan che, lasciando il suo inconfondibile marchio di fabbrica, si è occupato anche della regia di alcuni dei 40 episodi totali, oltre che dello stesso pilot. La storia, la conosciamo ormai dal lontano 2019, racconta, ricorrendo a quello che ormai è il registro standard delle serie tv,  il dolore di una mamma, Dorothy Turner, sconvolta per la morte del figlio, costretta ad affrontare una terapia tramite bambole reborn, fino all’arrivo di una tata dall’evidente passato oscuro: Leanne. La comparsa di Leanne coincide con la riapparizione, in carne, ossa e vagiti del piccolo Jericho, il figlio perduto dei Turner. E allora di cosa si tratta: trucco o miracolo? Basgallop, Sackheim e Shyamalan si sono rivelati abilissimi burattinai, in perfetta sintonia nel gestire un storia asciutta e priva di sotto-trame, un set ridotto all’osso e un cast di soli quattro personaggi, facendo di una serie tv per Apple TV+ un capolavoro in miniatura, per altro passato fino troppo in sordina. Burattinaie, invece, all’interno dello storytelling, come se si trattasse di una sorta di inception di uno spettacolo di marionette, le due donne protagoniste: Leanne e Dorothy, in guerra e in pace, alleate e nemiche, forti e ostinate guerriere pronte a piegare volontà e vite degli altri dando seguito ai capricci dei loro egoismi e ai vezzi delle loro nevrosi. Il pubblico è indotto a inseguire con affanno indizi contraddittori, seminati volutamente qua e là (secondo quanto affermato dallo stesso Shymalan) ed è costretto a cambiare ripetutamente idea.

Ammaliante la prima stagione, un po’ sottotono la seconda, ridondante la terza, magnetica la quarta, questa è la sintesi per aggettivi dei quattro capitolo di Servant; nello specifico, l’ ultima stagione è riuscita a raccogliere in un, tutto sommato, armonioso abbraccio tutti gli elementi dissipati nei tre atti precedenti. Pietra miliare di questo ultimo capitolo è il nono episodio, l’attimo della verità, diretto dallo stesso Shymalan che è riuscito a trasformarlo nel momento più alto dell’intero show. Si tratta dell’episodio dedicato alla verità, all’archetipo da cui tutto ha origine, per cui tutto muove e verso cui tutto tende, il momento chiarificatore; la verità che dal principio viene nascosta e che vive nell’angosciosa impazienza di venire a galla. Ciò che ha valore, non  necessariamente viene valorizzato in modo adeguato, ma, decisamente, non è stato questo il caso: Shymalan ha dipinto con consapevolezza e devozione l’attimo perfetto in cui non solo una mente, ma anche un corpo vengono attraversati da un acuto dolore provocato dalla presa di coscienza di una straziante realtà. L’elemento dell’horror claustrofobico raggiunge il suo acme nell’istante esatto in cui Dorothy, chiusa in macchina, realizza ogni cosa, durante un implacabile primo piano che non lascia tregua nè a lei nè alla sua interprete, consentendoci, non solo di condividere il suo dolore, ma anche di “ammirarlo” come il più realistico tra i Caravaggio, attraverso la contrazione di ogni muscolo del suo volto e mediante uno sguardo vuoto e assente che sembra volerci far raggiungere ogni più profondo spasimo della sua anima sconvolta.

Ma la disperazione si emancipa in un impeto di furia violenta che trova una via di fuga fuori dal quell’auto e si spegne sotto una pioggia di un “armageddon”quasi purificatoria. Un momento perfetto che Shaymalan ci ha fatto desiderare, ci aveva promesso e che ha realizzato superando ogni aspettativa. E ammettiamolo, la violenza della verità resa dalla contrazione del volto di Dorothy che squarcia il velo di menzogne all’interno del quale il suo subconscio aveva trovato un sorta di confort zone, rende più  arduo apprezzare l’ultimo episodio che non reggendo il confronto, rischia di assomigliare molto di più a una puntata di Charmed che a se stesso. Tuttavia, aldilà della scelte scelte sul finale, della chiarificazione sulla vera natura di Leanne, sul futuro di Julian, di qualche mistero chiarito a denti stretti e al minutaggio per certi verso eccessivo delle due stagioni centrali (considerato l’epilogo della vicenda),  Servant è una serie tv da cui non si ha scampo, come non si ha scampo da una casa “maledetta”, tornata ad essere topos del filone horror, e che – volente o nolente – ti “asservisce”.